Alle 11.30 di domenica 23 settembre  Marina Abramovic,  nelle sale di Palazzo Strozzi (con la sua mostra intitolata “The Cleaner” dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019), dopo aver concluso una conferenza, è stata aggredita da un artista ceco di circa 51 anni. Lo sconosciuto, agendo alle spalle,  l’ha colpita rompendole una tela sulla testa:  l’artista, spaventata,  si è riparata entrando nel coffee bar del museo.

"Accidentale performance" finita fortunatamente senza danni fisici. 

  Marina Abramovic è un artista serba di 71 anni che vive e lavora negli Stati Uniti. Pur abitando a New York,  non ha mai reciso completamente  i legami con la vecchia Europa, soprattutto con l’Europa dell’est.

Marina e Ulay

Negli anni settanta Marina lasciò giovanissima il suo paese e, per circa otto anni, fu  girovaga dentro un furgoncino insieme al tedesco Ulay,  uniti da un forte legame  sentimentale e artistico: insieme furono fondatori della performing art, nient’altro che il  corpo e la  gestualità per esprimere un concetto e portare il pubblico alla riflessione. Fu così che la Abramovic e Ulay, proprio quando il panorama della musica e dell’arte rivoluzionavano il mondo con la sperimentazione,  proposero   corpi nudi nel gesto di schiaffeggiarsi, nell’immobilismo dello sguardo,   come fossero dentro lo spazio fisico di  una tela, distanziati,  lontani o vicini al pubblico, talmente vicini da invitare gli spettatori  a passare fra loro. Eccitazione, indifferenza, rabbia, amore, disagio, sdegno e, per riprendere la frase di una canzone di Giorgio Gaber,  per loro la libertà fu davvero intesa come grande partecipazione. 

La coppia si separò in maniera molto eccentrica e  plateale:  entrambi, partendo da un punto comune della grande muraglia cinese, andarono verso direzioni opposte.

Il tempo, a dire il vero, ha premiato la Abramovic con il successo mentre  Ulay è rimasto nell’anonimato: la performer si trasferì in America ed è diventata una vera diva della performance art , forse  cedendo bene alle richieste di mercato.

Molto nota  la sua performance “The artist is present” al Moma di New York quando, ben corazzata da uno spesso vestito rosso lungo fino ai piedi, seduta ad un tavolo  per mantenere le distanze, incontrava i visitatori nella sala del museo.  Seduti – uno per volta -  dall’altra parte del tavolo,  iniziavano uno scambio “energetico”,  guardandosi negli occhi,  nel più assoluto e rigoroso silenzio. Anche in questa occasione le reazioni furono lacrime,  gioia, insofferenza, pace, resistenza, confronto, in pochi minuti lo scambio fra l’artista ed il soggetto di turno, metteva in evidenza comportamenti interiori ed esteriori del tutto insoliti. Chi conosce gli antichi metodi delle discipline orientali legate alla meditazione, ha capito che Marina Abramovic ha pianificato la sua performance su queste conoscenze, aggiungo con una buona dose di coraggio. Non ha comunque avuto pretese di guru, né di guida spirituale, ha semplicemente dato dimostrazione di  cosa avviene quando due persone si guardano negli occhi in una manciata di minuti, soprattutto quando uno dei due è  famoso personaggio nel mondo dell’arte.

  La maggioranza spontaneamente si domanda: ma questa è arte? L’artista dov’è?

La mostra di Cattelan

Alla domanda cerca di rispondere nel migliore dei modi  il geniale Maurizio Cattelan, inaugurando  una mostra  a Shangai per il prossimo 11 ottobre, titolo “The artist is present”, liberamente ispirata a Marina Abramovic, in sodalizio artistico con il  direttore creativo più cool del momento  (marchio Gucci) ovvero Alessandro Michele.

Manifesto della mostra la gigantografia del ritratto di “una” Marina Abramovic  non   autentica,  provocazione e  punto di domanda sulla differenza  fra l’unicità dell’ idea, lo sviluppo  dell’autore, la mera imitazione. Una vera e propria indagine sulla creatività dell’arte contemporanea …