Per capire la crisi del Pd, niente di meglio che seguirne la sua evoluzione via social. Cominciamo con il commento di un esponente della minoranza, che tra l'altro ha scelto dio non candidarsi in questa legislatura, come Gianni Cuperlo. Questo il suo commento alla dichiarazione delle dimissioni a venire, ma non si sa quando, da parte di Renzi:

«A Renzi dico: non è così che si fa, convocare la Direzione subito. Abbiamo subito una sconfitta pesante e la reazione non può che misurarsi con questa realtà. Chiedo la convocazione immediata della Direzione Nazionale per valutare collegialmente quanto è accaduto.
Renzi ha annunciato l'intenzione di dimettersi, ma solo a conclusione del percorso di insediamento del Parlamento e della formazione del nuovo governo. Non è così che si fa.
Di fronte alla bocciatura di una stagione e di una classe dirigente pensare che la risalita passi da un congelamento della situazione attuale fino a nuove primarie più che una linea politica sembra una coazione a ripetere, nel segno dell'errare.
Bisogna cambiare molto, non solo un segretario. Bisogna ricostruire una sinistra radicata nel paese. Facciamolo prima che sia tardi.»

Ancora più incisivo il commento di Michele Emiliano, quello che sui social non ha paura di dire ciò che pensa e sa descrivere con lucidità le vicende del Paese e del partito:

«Dalle sconfitte, anche quando sono annunciate e pesanti, bisogna sempre trarre insegnamento per rilanciare la propria battaglia per il bene comune. La comunità del centro sinistra esiste, è smarrita e ha bisogno di ritrovarsi e rifondarsi.
Renzi punta alla sua autoconservazione, sta pensando a come rientrare in partita, non a come far rientrare il Paese in partita. Per questo finge di dimettersi.
La nostra prospettiva è sempre stata opposta, facciamo politica per governare, sulla base di programmi condivisi dal basso coerenti con i valori del centro sinistra, per cambiare in meglio le città, le regioni, il Paese. La nostra storia parla per noi. La storia di Renzi è diversa, perché in pochi anni ha portato il centro sinistra al peggior risultato di sempre e il partito a una scissione interna insanabile, devastando il sogno dell’Ulivo.
Ma quel sogno vive ancora in tantissime realtà del Paese, dove il centro sinistra governa bene da decenni, ed è un sogno presente nel cuore di tantissimi militanti. Quel sogno vive perché c’è chi lavora per unire, non per dividere. Chi lavora rispettando la volontà popolare, i cittadini, le minoranze e persino gli avversari politici. Perché ci sono persone credibili che dicono una cosa e poi la fanno. Questi punti fermi, unità, rispetto, credibilità, responsabilità, sono la cifra del buon governo e della buona amministrazione. Questa è la storia di un centro sinistra per il quale ancora oggi, nonostante Renzi, vale la pena continuare a battersi.»


Altra reazione importante è stata quella di Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo del governo Gentiloni, non iscritto (per ora) al Pd che ha commentato ciò che Renzi ha detto con una serie di tweet, postati da ieri sera a questa mattina. Questa la loro successione.

«Condivido in pieno linea su no Governo con 5S, non commento percorso congressuale e timing dimissioni xche non iscritto al PD, trovo fuori dal mondo l'idea che la responsabilità della sconfitta sia di Gentiloni, Mattarella (x voto 2017) e di una campagna troppo tecnica.»

«Abbiamo dato la sensazione di essere un partito delle elite (te lo dice uno che se ne intende). È successo in tutto l'Occidente ai progressisti. Ma è anche effetto del nostro modo di comunicare ottimistico/semplicistico. Tornare a capire le paure non tentare di esorcizzarle.»

«Semplicistiche non sono state proposte o azione Gov ma visione presente/futuro. Multiculturalismo, globalizzazione, innovazione spaventano i cittadini, se messaggio è "l'unica cosa di cui aver paura è la paura" si perde il contatto e si spinge verso fuga dalla realtà = m5S.»

«Il punto non è essere o non essere elite il punto è proteggere e rappresentare chi non lo è.»

«Non bisogna fare un altro partito ma lavorare per risollevare quello che c'è. Domani mi vado ad iscrivere al @pdnetwork.»


Le dicharazioni di Calenda, oggettivamente critiche nei confronti di Renzi, hanno sollevato in risposta l'entusiasmo di Gentiloni, Martina, Richetti e Finocchiaro non appena costoro hanno letto che l'attuale ministro dello Sviluppo si iscriverà al Pd. Senza esser dietrologi, sembra alquanto evidente la loro speranza di trovare in Calenda una figura che possa proporsi, o al limite da proporre, in alternativa a Renzi alla guida del partito.


In fondo, che Matteo Renzi sia ormai diventato egli stesso prigioniero del suo stesso personaggio lo ha dimostrato non solo la dichiarazione di ieri pomeriggio, ma anche le parole pronunciate stamani all radio di Repubblica in cui questa volta ha detto di aver firmato le dimissioni, e che la delegazione che salirà al Colle verrà decisa in direzione lunedì prossimo e che non sarà lui a guidarla, perché andrà a sciare. In pratica, l'esatto contrario di ciò che aveva fatto intendere con quanto da lui detto ieri pomeriggio.

Probabilmente, Renzi risente della sconfitta e delle dimensioni della sconfitta, oltre che del calo di tensione del dopo voto... ma da quello che ha detto in queste ultime ore, la sensazione che dà a chiunque cerchi di trovare una logica nelle sue dichiarazioni è che sia in stato confusionale... ma non in senso metaforico... in senso reale! In ogni caso, perfetta rappresentazione dello stato attuale del Pd.

A differenza di Renzi, altri membri Pd hanno iniziato a dar seguito all'inadeguatezza del ruolo da loro finora svolto alla guida del partito, sia a livello locale che nazionale, annunciando le loro dimissioni, come ad esempio Debora Serracchiani.

Nonostante il colpo di teatro messo in scena da Renzi nel pomeriggio di ieri, con cui pensava di sparigliare le carte, i dirigenti del Pd non hanno reagito per nulla bene alla possibilità di essere ancora ostaggio dei sofismi, dei trucchi e dei ricatti del politico fiorentino che, al di là di ogni possibile dubbio, è ormai chiaro a tutti che si interessa solo del suo personale destino, a cui quello del Paese e del partito devono conformarsi. Non che Renzi sia diventato così nel corso del tempo... Renzi è sempre stato così.

L'unica differenza con il passato è che adesso non riesce più a portar voti e, quindi, anche quelli che prima lo sopportavano perché riusciva a garantir loro un seggio, adesso, improvvisamente, ne hanno capito la vera natura e non lo vogliono più vedere.