Nel panorama attuale della politica internazionale, dove le tensioni e i conflitti mettono sempre più in discussione il rispetto delle norme del diritto internazionale, nasce il "Gruppo dell'Aia". Questa coalizione, che al momento vede la partecipazione di paesi come Malesia, Sudafrica, Colombia, Namibia, Cile, Bolivia e Senegal, si propone di tutelare le decisioni della Corte internazionale di giustizia (CIG) e della Corte penale internazionale (CPI) contro pressioni e tentativi di screditarne ruolo e sentenze, in particolare da parte degli Stati Uniti.
La formazione del Gruppo dell'Aia si inserisce in un contesto di crescenti critiche e tensioni verso il sistema giudiziario a salvaguardia del diritto internazionale umanitario . Le recenti controversie, che spaziano dalla gestione dei conflitti a Gaza e in Ucraina fino alla tratta di esseri umani nel Mediterraneo, hanno evidenziato come il rispetto delle norme sia messo in seria discussione. In questo scenario, i Paesi del Sud del mondo esprimono una forte insoddisfazione per quelli che considerano doppi standard applicati dalle potenze occidentali.
Il ministro degli Affari internazionali del Sudafrica, Ronald Lamola, ha dichiarato che l'iniziativa intende “garantire il rispetto del diritto internazionale e proteggere i più vulnerabili”. Secondo Lamola, l'adesione al Gruppo dell'Aia invia un messaggio inequivocabile: nessuno Stato, per quanto potente, è al di sopra della legge e nessun crimine deve rimanere impunito.
Un tema centrale del dibattito internazionale riguarda la posizione di Israele in relazione alle sentenze della Corte internazionale di giustizia. La questione, infatti, non si limita alla punizione del singolo Stato, ma riguarda l'approccio alle decisioni della CPI. Il primo ministro malese, Anwar Ibrahim, ha sottolineato come l'atteggiamento israeliano minacci i fondamenti del diritto internazionale, richiedendo quindi una reazione coordinata da parte della comunità internazionale.
Inoltre, le misure adottate dalla coalizione mirano a contrastare ulteriori tentativi come quello del Congresso degli Stati Uniti, che intende imporre sanzioni a chiunque non si opponga alle investigazioni della CPI. Il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha infatti sostenuto un disegno di legge che prevede sanzioni anche estese a familiari e alleati, alimentando così il clima di conflitto e di contrasto tra diverse visioni sul rispetto del diritto internazionale.
La situazione si complica ulteriormente se si considerano i casi legali e politici che coinvolgono capi di Stato. Ad esempio, il mandato d'arresto emesso nei confronti del presidente russo Vladimir Putin dalla CPI e il dibattito riguardo all'eventuale arresto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu evidenziano le profonde divisioni esistenti tra gli Stati e le difficoltà nell'applicazione uniforme delle norme internazionali. E come non citare anche il caso dell'Italia con il caos giudiziario e politico creato dall'incapacità del governo Meloni collegato alla liberazione di Almasri, un libico che ha fatto collezione di reati nella gestione dei flussi migratori, con il supporto di finanziamenti milionari di Italia e Ue.
La campagna promossa dal Gruppo dell'Aia si configura come un tentativo di riaffermare il principio fondamentale secondo cui nessuno Stato può considerarsi al di sopra della legge. Come evidenzia Oona Hathaway, professoressa di diritto internazionale alla Yale University, “abbiamo il potere di cambiare le cose se lo vogliamo”. Inoltre, l'inosservanza delle norme e dei principi che regolano il diritto internazionale non potrà che condurre a una crisi di legittimità, con conseguenze gravi non solo per gli Stati coinvolti, ma per l'intera comunità internazionale.