Il 28 febbraio, il ministro dello Sviluppo Calenda in un'intervista ad Avvenire aveva dichiarato che Alitalia non aveva intaccato un euro del prestito-ponte, che i commissari avevano fatto un eccellente lavoro di ristrutturazione e che il problema della vendita era legato al fatto che i potenziali acquirenti attendevano il risultato delle elezioni.
I potenziali acquirenti sono due: Lufthansa e la cordata composta da Air France, EasyJet, Cerberus e Delta. Le elezioni si sono tenute da più di un mese, ma riguardo alla vendita di Alitalia passi in avanti non ne sono stati fatti. Adesso, infatti, i due potenziali acquirenti sono in attesa degli sviluppi della situazione politica.
Una situazione politica il cui chiarimento potrebbe avvenire nel giro di un paio di settimane, ma, nonostante ciò, si ipotizza che il governo attuale possa licenziare per metà aprile un decreto per estendere i tempi della vendita - la cui scadenza è prevista per lunedì 30 aprile - addirittura di sei mesi, quindi fino al prossimo 30 ottobre!
Il ministro Calenda, con l'ormai suo noto decisionismo, aveva prospettato, nonostante fosse bene informato dell'imminente appuntamento elettorale, che la vendita di Alitalia fosse cosa praticamente fatta e che l'assegnazione della compagnia aerea sarebbe stata imminente.
Adesso, però, i tre commissari straordinari che hanno in carico la gestione della compagnia si accingerebbero a intraprendere un nuovo giro di colloqui con i potenziali acquirenti. Non solo.
Tanto era imminente la vendita di Alitalia che adesso si parla pure di nazionalizzazione, più o meno parziale, con l'intervento di Cassa Depositi e prestiti, il cui presidente Claudio Costamagna da sempre contrario ad un suo intervento diretto, adesso ha fatto sapere che «se in Alitalia una delle due cordate avesse un piano industriale fattibile e sostenibile, valuteremmo se portarla nel nostro Consiglio di amministrazione o meno [per intervenire] come partner finanziario e assolutamente di minoranza.»
Come al solito, l'ottimismo decisionista o se si preferisce il decisionismo ottimistico del solito politico teorico e propugnatore del "ghe pensi mi" ha finito per scontrarsi ancora una volta con la realtà dei fatti che, puntualmente, si dimostra sempre allergica ai supposti benefici propagandistici del "mago" di turno.