In merito alle polemiche sollevate in relazione all'assunzione dell'Ospedale San Camillo di Roma di due medici non obiettori per garantire il servizio di interruzione di gravidanza, l’Associazione Luca Coscioni ha rilasciato un comunicato in cui ricorda che, di fatto, è stata accolta una delle proposte pratiche che l'Associazione aveva proprosto alle Regioni, affinché fosse correttamente applicata la legge 194.

Di seguito son riportate le dichiarazioni di Filomena Gallo e Mirella Parachini, rispettivamente segretario e membro di direzione dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

Dichiara Filomena Gallo: «Il Consiglio d’Europa ha bacchettato l’Italia nel 2014 perché viola i diritti delle donne che - alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 - intendono interrompere la gravidanza, a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza e nel 2016 sempre sulla 194, per l’alto numero di medici obiettori, per il modo in cui sarebbero discriminati i medici non obiettori, vittime di diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti.»

Prosegue la Dr.ssa Mirella Parachini: «Nel Lazio l’80,7% dei medici sono obiettori di coscienza, inoltre più del 50% degli anestesisti fa obiezione , in alcune province del Lazio è impossibile interrompere una gravidanza.»

Precisa Filomena Gallo: «In passato insieme al Presidente nazionale dell’AIED – Associazione Italiana per l’Educazione Demografica -, Mario Puiatti, abbiamo presentato un esposto con lo scopo di chiedere alla Procura della Repubblica di Roma di indagare la situazione di illegittimità in cui versano le strutture ospedaliere pubbliche indicate, e dunque valutare l’esistenza di ipotesi di reato perseguite dal codice penale.

Inoltre, l’Associazione ha inviato a tutte le Regioni proposte concrete per garantire, oltre il diritto all’obiezione, il diritto delle donne ad abortire. Tra le proposte vi era la possibilità di bandire concorsi riservati a medici non obiettori.»

In base a quanto è stabilito nella legge 194, gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti "in ogni caso" ad assicurare l’espletamento delle procedure previste per l'interruzione volontaria di gravidanza

È giusto che esista la possibilità per i medici essere obiettori di coscienza, ma non può esistere che tale obiezione debba però essere pagata dalle donne che, rivolgendosi a consultori od ospedali, si trovino impossibilitate a non ricevere assistenza per l’assenza o la scarsità di personale non obiettore.

Ancora Filomena Gallo: «La legge prevede anche che la Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. Dunque, affida alle istituzioni l’obbligo di organizzare le strutture sanitarie in modo tale da garantire l’attuazione della legge. A dimostrazione del fatto che le polemiche sollevate ieri in seguito alla decisione del San Camillo nascono dall’ignoranza e/o dal chiaro intento di strumentalizzare un caso specifico nel mancato rispetto, ancora una volta, dei diritti delle donne e dei medici.»

Il servizio di IVG che la legge annovera fra i servizi sanitari pubblici che devono essere garantiti non può dunque trovare ostacolo nell’obiezione di coscienza, in quanto laddove la struttura ospedaliera non fornisca tale servizio incorrerà nelle maglie repressive dell’art. 340 c.p., che punisce chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità.

In definitiva il raccordo e il bilanciamento tra le convinzioni morali del medico ed il rispetto dei diritti del cittadino dovrebbe comportare che ogni struttura sanitaria sia nelle condizioni di garantire un servizio previsto dalla legge alla pari di ogni altro diritto sanitario.

Partendo dal suggerimento promanante proprio dal giudice amministrativo (sent. TAR Puglia 14/09/2010, n. 3477, sez. II), si ritiene che si possano formulare bandi che prevedano il 50% di medici obiettori e il 50% di medici non obiettori. Ma a monte, riteniamo che la Regione possa istituire dei veri e propri albi che indichino la scelta di ogni sanitario in modo da pubblicizzarla e renderla accessibile ai pazienti.»

Questa la linea d'azione elaborata con giuristi, parlamentari, filosofi morali, medici e  rappresentanti dei consultori da adottare a fronte dell’elevata percentuale di medici obiettori che rende sempre più difficile per le donne interrompere la gravidanza in tempi brevi e in sicurezza.

Le proposte stilate dall’Associazione Luca Coscioni, riportate di seguito,  sono state inviate a tutte le Regioni per garantire, oltre il diritto all’obiezione, il diritto delle donne ad abortire:

– Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza;
– Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza;
– Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di IVG;
– Utilizzo dei medici “gettonati” per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori;
– Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti.

Filomena Gallo e Mirella Parachini concludono: «La politica non può far finta che in Italia non esista un problema di mancata corretta applicazione della legge 194, una norma che è bene ricordare aveva fatto scomparire la piaga degli aborti clandestini. Tutte le Regioni e il Ministero della Salute dovrebbero procedere per evitare interruzione di servizio di IVG nel pieno adempimento della legge194 si chiede solo di applicare una legge a contenuto costituzionalmente vincolato.

La Corte Costituzionale nel 75 con sentenza 27 ha affermato che non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare, attualmente tale diritto per le donne che vivono in Italia è vanificato. I rimedi esistono, occorre volontà politica ora tutte le regioni proseguano seguendo questo esempio.»