La voglio ricordare così. Che sorride partecipe a una mia, nostra, gioia. L'Italia sta perdendo ultimamente riferimenti fondamentali. Portatori di qualità, del meglio, di intelligenza, di arte e di cultura. E sappiamo quanto oggi servirebbero la cultura, come ancora unico mezzo per crescere, per evolversi, per emanciparsi, e gli intellettuali , come appunto veicolatori di pensiero e cultura. Quanto servirebbero in questo sciagurato paese , il paese delle Belle Arti e del Rinascimento, con così tanti italiani invece distratti, anzi attratti da un centro commerciale , o da una vicenda del Grande Fratello, o dalle parole di un inflencer che non da un capolavoro cinematografico. E difatti quando se ne va un Pasolini, uno Scola, un Monicelli, un Magni, un Proietti, un Falqui, o una Lina, ti dispiace e ti preoccupi di tutto il mondo che se ne va con loro. Tutto il loro mondo che avevano creato, a migliorare la vita di tutti, e che dal giorno dopo si deve cercare di conservare e preservare. Però, però, io oggi non piango la maestra, la genia, che se ne è andata. Soffro, soffrirò con tutti il vuoto incolmabile che lei lascia, ma io piango un fatto mio personale e intimo. Io piango l'ultima rappresentante consanguinea della vita che ho avuto sin qui, l'ultima superstite del mio passato, anche remoto. Io piango i ricordi familiari che mi hanno legato a lei da bambino. Io piango la sorella di mio padre. A lei non piaceva che la chiamassi così, ma io, prima di tutto, piango mia zia.

Così, l'attore Massimo Wertmuller ha ricordato la scomparsa della, la regista Lina Wertmuller che si è spenta nella notte a Roma all'età  93 anni. La notizia è stata diffusa da un amico di famiglia tramite social.

Lina Wertmuller era nata a Roma  il 14 agosto 1928 ed è stata una dei più importanti tra i registi del cinema italiano. Sue le regie di Mimì metallurgico ferito nell'onore, Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto, Pasqualino Settebellezze...

Per Pasqualino Settebellezze è stata la prima donna nella storia ad essere candidata all'Oscar come migliore regista, nella cerimonia del 1977. Nel 2020 le è stato poi assegnato il Premio Oscar alla carriera, alla cui cerimonia suggerì che il Signor Oscar da ora in avanti avrebbe potuto essere ribattezzato al femminile.

Ma oltre alla sua straordinaria carriera i regista cinematografica, non bisogna dimenticare che Lina Wertmuller è stata anche sceneggiatrice e regista televisiva con il suo "immenso" Il Giornalino di Gianburrasca dove insieme a Rita Pavone nel ruolo di Giannino Stoppani, recitò il meglio del mondo seddlo spettacolo di allora: Ivo Garrani, Valeria Valeri, Milena Vukotic, Arnoldo Foà, Paolo Ferrari, Elsa Merlin, Sergio Tofano, Bice Valori, Odoardo Spadaro, Mario Maranzana, Roberto Chevalier, Enzo Garinei, Carlo Croccolo...

Questo il ricordo che ne ha dato Marino Bartoletti:

"Faceva i titoli lunghi, Lina Wertmülle : era la sua civetteria, il suo marchio di fabbrica. Certamente, dietro ai suoi “azzurri mari d’agosto”, alle sue “notti piene di pioggia” e ai sui “occhi a mandorla e odore di basilico” avevi la certezza che non ti avrebbe mai né deluso, né imbrogliato. Con lei, andare al cinema era una certezza assoluta. Quando poi aveva fra le mani giganti come Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, sapevi di aver messo il biglietto in cassaforte. Non per nulla è stata la prima regista donna della storia ad essere candidata all’Oscar: e, probabilmente, al di là del riconoscimento “onorario” di un anno fa, lo avrebbe meritato pure “sul campo”.Ha protratto per altri vent'anni l'epopea della commedia all'italiana. Ha abbattuto ogni barriera di ceto e di genere. Ha avuto il grande merito di costruire “maschere” straordinarie, ironiche e tragiche allo stesso tempo (basti pensare a “Pasqualino Settebellezze”). Ha trattato tutto certamente con una pignoleria maniacale, ma senza mai negare leggerezza alla profondità della sua narrazione.E’ quasi un esercizio crudele fare una graduatoria dei suoi film: per puro piacere di dibattito metto in cima alla mia lista ex aequo “Travolti da un insolito destino” e “Film d’amore e d’anarchia” (in entrambi i casi spalleggiata dai suoi due “giganti”): con una citazione personale per “Io speriamo che me la cavo” dove la sua maestria plasmò uno dei Paolo Villaggio più “alti” della carriera.Ho fatto in tempo a vedere il suo “Giornalino di Giamburrasca” in tv, in cui colse in Rita Pavone doti che solo lei sapeva vedere. Ed era forse questo il suo tratto più magistrale."