Parlando del "sistema religioso-filosofico romano", il cui fulcro è dato dal fas, abbiamo adoperato l'espressione oggettività metafisica del reale, che abbiamo ripreso dal politico e scrittore Guido Gonella, rifiutando la dimensione metafisica in senso tradizionale. Ma cosa significa quella espressione ? A prima vista essa allude alla natura intimamente e oggettivamente metafisica della realtà; in poche parole non vi sarebbe alcun distacco fra la sfera metafisica e quella del reale. Questa interpretazione è basata sulla concezione del sinolo in Aristotele. Nel sinolo consiste l'ente reale, poiché la materia (atto puro) e la forma (potenza pura), se percepite separatamente, sono mere astrazioni intellettive. Di qui il carattere immanente della metafisica aristotelica, in contrapposizione alla trascendenza platonica delle idee, forme che esistono separatamente.
Prendendo spunto dalle osservazioni del giurista Carlo Varelli, proviamo a rispondere alla non facile domanda che poc'anzi ci siamo posti. Questo giurista contrappone l'essenza del diritto dalla sua esistenza, mettendo a confronto il diritto naturale col diritto positivo, confronto nel quale il primo rappresenterebbe l'essenza, mentre il secondo l'esistenza del diritto. E questa è una distinzione metafisica, importante in ogni ramo dello scibile, e quindi anche in quello giuridico. L'essenza non sarebbe altro che la "carica etica" che scaturisce dal sinolo aristotelico "materia-forma"; l'esistenza la validità nel campo dei rapporti giuridici dell'essenza medesima. La tendenza morale è giusta, ma può non trovare riconoscimento, come spesso avviene, nell'ordinamento giuridico positivo. Si deve dunque concludere che esistono due ordinamenti giuridici tra loro discordi ed irreconciliabili?
La risposta di Varelli è negativa, considerata l'istanza etica del diritto genericamente inteso. La lex naturalis non deve essere considerata come un insieme di precetti precostituito rispetto al diritto positivo, né tanto meno come un modello platonico che il giurista deve ricopiare. Ciò premesso, la differenza che divide i giusnaturalisti dai positivisti di ogni tendenza è che i primi considerano diritto la sintesi dell' "essenza" e dell' "esistenza", mentre i secondi considerano diritto solo quello validamente posto, soprattutto tramite la legge, riservando la loro attenzione solo all'aspetto dell'esistenza. In sostanza, i giusnaturalisti sono dualisti perché ammettono la compresenza nel mondo giuridico di due nuclei di norme, uno etico-naturale e uno positivo; i giuspositivisti sono invece monisti, perché riconoscono validità solo al diritto effettivamente esistente. Fin qui il discorso più strettamente giuridico. Ma come rapportare tutto ciò al fas? La risposta sorge spontanea: il fas è la forma, l'essenza più alta e l'ultima istanza del ius, di cui amplifica il senso di giustizia e la valenza etica; il diritto è l'esistenza concreta e storico-pratica che contraddistingue la vita umana la quale, come tale, può bene spesso deviare dal dettame morale.
Ricordiamo che il fas è contraddistinto dalla neutralità, valore per eccellenza etico-religioso, ma che, a causa di interessi economici ed ideologici confliggenti, viene non raramente disconosciuto dal diritto. E allora possiamo dire che il fas è potenza pura (forma, essere) che esiste inscindibilmente col ius (atto puro, divenire). Peraltro il diritto naturale è facilmente avvicinabile al fas : infatti vi sono atti contrari alla legge divina che possono essere considerati come precetti di ius naturale. Infine, il fas è la forma-idea mentre il ius la materia sociale ed individuale che ad esso si ispira.