Oggi l'Istat ha rilasciato i dati relativi all'economia sommersa, o come viene eufemisticamente indicata, economia non osservata, ed al suo impatto sui conti dell'Italia.

Nel 2014, fino a tale anno si riferiscono i dati, l’economia non osservata (che comprende anche le attività illegali) vale 211 miliardi di euro, cioè il 13% del Pil. Di quella cifra, sono 17 i miliardi di euro, l'1% del Pil, imputabili ad attività illegali. Dal 2011, l'incidenza sul Pil dell'economia sommersa è cresciuta dello 0,6%.

Quali sono le voci in cui queste cifre sono raccolte? Il 46,9% deriva dalle aziende che non hanno dichiarato tutte le loro entrate (pertanto vendendo in nero). Il 36,5% deriva dall’impiego di lavoro irregolare. L’8,6% da affitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta. Il restante 8% deriva da attiività illegali.

Il valore aggiunto generato dall’economia non osservata nel 2014 deriva per il 46,9% (47,9% nel 2013) dalla componente relativa alla sottodichiarazione da parte degli operatori economici. La restante parte è attribuibile per il 36,5% all’impiego di lavoro irregolare (34,7% nel 2013), per l’8,6% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8% alle attività illegali. 

Per quanto riguarda la mancata dichiarazione delle entrate, come responsabili maggiori sono indicati i servizi professionali con il 17,5% nel 2014. Seguono commercio, trasporti, alloggio e ristorazione con il 13,8%, poi le costruzioni al 13,2%. Per quanto riguarda l'industria, questo fenomeno è diffuso soprattutto nel settore relativo alla produzione di beni alimentari e di consumo.

Infine, per quanto riguarda la componente lavoro, il sommerso deriva soprattutto dalle prestazioni che vengono svolte nelle abitazioni, dall'assistenza alle persone al lavoro domestico, e da quelle in agricoltura. Nel 2014, i lavoratori irregolari erano 3 milioni 667 mila.