Dare un nome alla legge elettorale che verrà, il più personalizzato o attraente o divertente o terrificante, è diventato lo sport preferito dei nostri politici. Lo praticano per strada, in televisione, al parco, in barca, al bar e in qualsiasi altro luogo venga in mente, fuorché in Parlamento. Forse, inconsciamente, per un residuo barlume di rispetto per un’istituzione fin troppo spesso insultata. Più probabilmente, per apparire uguali ai cittadini normali, i quali, non disponendo di sedi deputate in cui discutere delle cose importanti, si aggiustano come possono.

Al momento anche a loro sta a cuore la legge elettorale. Non sono interessati al nome (l’idea dominante è “la chiamino pure come gli pare”) ma ad averne una, originale, di buona qualità, e in tempi rapidi. In caso contrario –è una certezza- i loro “telomeri” subirebbero un danno grave e, con tutta probabilità, irreversibile. 

Non è uno scherzo. È di sabato scorso la notizia - riportata da “La Repubblica” in prima pagina- di un’indagine scientifica che correla la “ruminazione” dei pensieri negativi sia con  l’accorciamento dei telomeri, estremità protettive dei cromosomi incaricate di difendere l’individuo da un invecchiamento precoce e penoso, sia con l’inibizione della telomerasi, l’enzima che può riparare i telomeri accorciati,  purché la ruminazione dei pensieri negativi non si sia protratta per più di sei mesi.

Il fenomeno può riguardare gli anziani come i giovani: chiunque sia tormentato da un giudizio negativo della realtà che lo circonda, dal desiderio di essere da un’altra parte o un’altra persona o, infine, dal ritenere gli altri animati da intenzioni malevoli. Interessa soprattutto gli uomini, ma anche le donne. Purtroppo non è stato ancora scoperto un vaccino che possa renderli immuni.

La questione è seria e tuttavia non c’è motivo di allarme.  In attesa di un presidio medicale specifico, si può ricorrere ad altre forme di prevenzione e di cura sufficientemente efficaci, purché si agisca con tempestività: tassativamente entro sei mesi dalla comparsa della “ruminazione”. Lo assicura Elissa Epel, psichiatra, direttrice dell’Aging, Metabolism and Emotions Center nell’Università della California.

Secondo il suo autorevole parere, l’accorciamento dei telomeri e l’inibizione della telomerasi possono trovare prevenzione e cura nella capacità di ciascuno di focalizzare l’attenzione sui pensieri in successione, in modo da imparare a non farsi dominare da quelli cattivi e a concentrasi invece su quelli positivi. Sono utili anche lo Yoga, la musica e l’ascolto degli altri. Tutti possono praticare l’esercizio traendone giovamento.

Ho considerato il poco tempo a disposizione. Ho meditato sulla forte probabilità che l’accorciamento dei miei telomori sia in uno stato già avanzato e la telomerasi sul punto di essere inibita per sempre. E senza esitare ho dato retta al consiglio della professoressa Epel.

Racconto come è andata.

Ieri notte, la tv in sottofondo, ho chiuso gli occhi e ho lasciato scorrere i pensieri.

Il primo non è un pensiero ma un film. “Animali notturni” di Tom Ford. La scena finale in cui il protagonista maschile consuma la sua sottile vendetta. Me la godo sequenza per sequenza, finché, improvvisamente, irrompe, irresistibile, il pensiero negativo: l’italicum.

Sfuma la faccia bella e basita di Amy Adams e comincia la ruminazione.

Ma come hanno potuto? Una legge elettorale costruita su un “presupposto” cambiamento costituzionale non ancora legittimato dal popolo italiano! Che imprudenza. Che mancanza di rispetto. Per imporla hanno persino fatto ricorso al voto di fiducia. Ma quando mai si è visto. E adesso, che fanno? Anziché sbrigarsi a metterci rimedio e farmela dimenticare mi tengono in bilico tra il desiderio di avere un nuovo parlamento e la paura che nemmeno questa volta la mia scelta sarebbe veramente libera. Che indecenza. Continuano a girarci intorno. Ci si divertono come col pongo, la spolpano e la rimpolpano.

Si insinua il pensiero cinico.

 Non è che di nuovo ci propongono un sistema elettorale che “tutti ci copieranno”ma che nessuno di noi vuole? Vogliono capirlo che le mie ambizioni sono più modeste?

Scaccio il sospetto. Mi concentro, su che cosa vorrei. Mi calma. Per poco.

Vorrei, una nuova legge che mettesse il nostro Presidente della Repubblica nelle condizioni di poter ricorrere alla consultazione elettorale in ogni momento egli lo ritenga necessario e opportuno per il Paese, nei termini in cui la Costituzione glielo consente.

La ruminazione negativa riprende imperterrita.

Mattarella non è libero di farlo. E neppure in futuro potrebbe fare ricorso al voto con una legge elettorale schizofrenica, simile a quella che abbiamo, con cui la politica si diverte a giocare più del gatto col topo. Scaraventerebbe l’Italia dalla padella alla brace.

Sa il cielo se non è già stata arrostita a sufficienza! Abbiamo già dato. Dobbiamo fare qualcosa.  

Arriva, fuggevole, un pensiero positivo.

Immagino il Presidente della Repubblica che convince tutti i leader a sedersi intorno a un tavolo a lavorare giorno e notte per trovare insieme un compromesso sulla migliore legge elettorale possibile, nell’interesse dei cittadini e non di questo o dell’altro  partito o movimento o di futuri “inciuci” più o meno confessabili.

Crudele, si affaccia subito il pensiero di come era andata con Giorgio Napolitano, quando ci aveva provato per la “Grande riforma”. Ricomincio a recriminare, senza curarmi dei telomeri.

E invece, trascorrono il giorno a raccontare alla stampa o alle televisioni quanto sarebbe bello per l’Italia il modello tedesco o il francese o lo spagnolo e perfino quello del Sud Corea. La notte giocano la loro interminabile partita a scacchi con il Legalicum, studiando, ciascuno sondaggi alla mano, la mossa vincente. I piccoli partiti per salvare la propria identità; quelli più grossi, gli uni per convincere o costringere all’accorpamento i riottosi o i diffidenti, gli altri per darsi scacco matto a vicenda. Tutti accomunati, senza dirselo, da un comune obbiettivo: una nuova legge elettorale con cui potersela prendere in caso di sconfitta e anche, e soprattutto, di vittoria.

Il pensiero negativo è tenace, incalzante.

Nessun altro capro espiatorio, la storia lo insegna, può rivelarsi efficace quanto una legge elettorale sbagliata. Dopo il voto, per giustificare come inevitabile l’ennesimo “inciucio” di governo. Durante la legislatura, per paralizzare o tenere sotto scacco il Parlamento, e pure il Presidente della Repubblica. Sarà così, non posso farci niente. O forse sì?

Voglia di riscatto, senso di colpa, pessimismo ruminano senza sosta tutti insieme.

Devo impedire ai politici di mandarmi fuori di testa con la modellistica straniera: non devo farmi prendere in giro. L’Italia non è la Germania, né gli Stati Uniti né la Francia né nessun altro paese a cui si tenta di assimilarla. È una repubblica parlamentare, non federale, non presidenziale né semi-presidenziale. I suoi pesi e contrappesi sono stati meditati a lungo dai padri costituenti. Non sono sostituibili con quelli previsti dalle altrui costituzioni, né con leggi elettorali strumentali agli interessi di parte. Il suo popolo è variegato quanto lo sono i partiti e i movimenti in cui si riconosce: ha il diritto di vedersi rappresentato nella sua complessità.

Mi concentro.

Ma attenzione. Odora di ricatto, e non di strategia per il maggioritario (o semi) o per il proporzionale (o semi), il ricorso alle soglie di sbarramento. Le alzano e le abbassano ma non in cerca della la governabilità. Le spostano in su o in giù a seconda che convenga o meno sottoporre le forze più piccole all’accanimento terapeutico in vista di un improbabile ballottaggio, oppure indurle al suicidio assistito a ridosso del primo e unico turno.

Comincia a scorrere la consapevolezza

Per quanto frastornati e disorientati, gli italiani conservano ancora il senso della realtà. Hanno “sgamato” che lo slogan “vogliamo che il giorno stesso del voto sappiate da chi sarete governati” è la cortina fumogena in cui si nasconde la trappola che gli uni tendono agli altri e, tutti insieme, al Paese: un premio di maggioranza scriteriato che, surrettiziamente, faccia credere all’elettore di poter eleggere “direttamente”il “Capo”del governo. Siamo cittadini “normali” mica scemi!

È un inizio di pensiero positivo, mi ci aggrappo.

I cittadini lo sanno che il sistema istituzionale in vigore prevede un percorso diverso e non ne sono spaventati, come si vorrebbe che fossero. Se avessero voluto cambiarlo, il 4 dicembre avrebbero votato diversamente.

Sanno che è una prerogativa del Presidente della Repubblica scegliere il leader cui affidare la formazione del governo e che questo può nascere solo se la Camera, e pure il Senato, gli accordano la fiducia. Sanno anche che un patto di legislatura saldo e trasparente non lo si sottoscrive in una notte. Sanno, infine, che Angela Merkel (sarà pure antipatica a tanti, ma queste cose sa farle) ha impiegato alcuni mesi per realizzare la coalizione con cui ha governato la Germania. E hanno visto che per il popolo tedesco ne è valsa la pena.

Mi faccio prendere dall’entusiasmo.

E soprattutto i cittadini italiani non si esaltano col sogno di un Salvini o di un Renzi o di un Di Maio che la notte delle elezioni, o il giorno dopo, percorre lentamente a piedi, accompagnato dall’inno di Mameli e di chissà cos’altro, il circuito del Colosseo o, vista la nuova moda d’oltralpe, della piramide Cestia. Hanno il senso del ridicolo, loro, anche quando sognano.

Mi inchiodo al pensiero positivo.

I cittadini italiani sognano!

Che cosa?

Scaccio il pensierino scettico del “qui ti voglio”. Lascio che l’ottimismo mi pervada.

Una legge elettorale che sia il frutto di un compromesso nobile, che non preveda “nominati” o capilista bloccati. Formulata in modo da costringere i candidati a svelare, e confrontare, i rispettivi programmi. Adatta a consentire all’elettore di potersi chiarire le ragioni per cui scartare, o scegliere, un partito o un candidato, e favorire, o bloccare, future alleanza per la “governabilità”. Scritta nel rispetto della Costituzione (così come è e non come potrebbe essere o sarà) e in un italiano comprensibile per tutti e non soltanto per la Corte Costituzionale.

Si riaffaccia il pensiero catastrofico.

Se così non fosse la legge verrebbe bocciata di nuovo e la nostra telomerasi inibita per sempre.

Non voglio invecchiare presto e male. Riacchiappo il pensiero positivo e non lo mollo più.

Insomma, dobbiamo pretendere una legge elettorale bene e onestamente intrecciata, pensata come una corda salda che gli italiani vogliano afferrare per uscire dal pantano e non per impiccarsi all’albero più alto.

Massacrante, però funziona. Non è andata male.

Sento che la telomerasi è di nuovo al lavoro. Ne ascolto il rassicurante mormorio. Mando un pensiero di gratitudine alla professoressa Epel e mi addormento.

Sì, alla fine il pensierino sui malintenzionati è rispuntato, ma solo perché, per un attimo, mi ha deconcentrato il borbottio nel sottofondo delle notizie di “Linea notte” commentate da Mannoni. La prossima volta farò meglio, solo Bach, nessuna distrazione.

Dite che non serve, che l’emergenza telomeri accorciati è andata ormai troppo avanti?

Può essere che abbiate ragione. Ma per favore, provateci lo stesso. L’esercizio non presenta effetti collaterali per l’individuo e promette di proteggere la collettività.

Ministra Lorenzin, li convinca lei, ci metta una buona parola. Nel suo interesse. In attesa del vaccino.