La vocazione ecologista di papa Francesco, legata anche a quelle che sono le sue conseguenze sociali nella vita della gente, è stata di nuovo riproposta e riassunta nel messaggio che ha inviato al professor José Graziano da Silva, direttore Generale della FAO, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2016.

Le preoccupazioni del pontefice, collegate alla responsabilità delle persone in quanto «custodi del creato e del suo ordine» ai problemi derivanti dal clima e agli effetti negativi che ne possano derivare per persone, comunità, popoli e Stati.

Prendere coscienza di questo problema non vuol dire solo denunciarne la presenza «in termini etici e morali, non basta!  È necessario agire politicamente e cioè operare le scelte necessarie, scoraggiare oppure promuovere comportamenti e stili di vita, a vantaggio delle nuove generazioni e di quelle che verranno. Solo così possiamo preservare il pianeta.»

Papa Francesco indica la necessità di agire concretamente alla risoluzione dei problemi derivanti dal clima: «Gli interventi da attuare vanno adeguatamente progettati e non possono essere frutto dell’emotività o delle ragioni di un momento. È importante programmarli. In questo lavoro assumono un ruolo essenziale le istituzioni chiamate a operare insieme, dal momento che l’azione dei singoli, pur necessaria, diventa efficace solo se inquadrata in una rete fatta di persone, entità pubbliche e private, apparati nazionali e internazionali. Questa rete però non può restare anonima, questa rete ha il nome di fraternità e deve agire in base alla sua fondamentale solidarietà.»

L'appello del Papa deriva dalla preoccupazione che coloro che sono investiti direttamente dagli effetti dei cambiamenti climatici non si sentano abbandonati dalle istituzioni. Inoltre, lo stile di vita di molte di quelle persone può esserci di esempio e guida, se paragonata alla «logica del consumo e della produzione ad ogni costo. Logica che, ammantandosi di buone giustificazioni come l’aumento della popolazione, in realtà mira solo all’aumento dei profitti.»

Poi Francesco esprime anche le sue forti perplessità nei confronti di certa industria, come quella dell'OGM: «Nel settore in cui opera la FAO, sta crescendo il numero di quanti pensano ormai di essere onnipotenti e di poter trascurare i cicli delle stagioni o modificare impropriamente le diverse specie animali e vegetali, facendo perdere quella varietà che, se esiste in natura, vuol dire che ha – e deve avere – il suo ruolo. Produrre qualità che in laboratorio danno ottimi risultati, può essere vantaggioso per alcuni, ma avere effetti rovinosi per altri. E il principio di precauzione non basta, perché molto spesso si limita a non permettere di fare qualcosa, mentre c’è bisogno di agire con equilibrio e onestà. Selezionare geneticamente una qualità di pianta può dare risultati impressionanti dal punto di vista quantitativo, ma abbiamo tenuto conto dei terreni che perderanno la loro capacità di produrre, degli allevatori che non avranno pascolo per il loro bestiame, e di quante risorse acquifere diventeranno inservibili? E soprattutto, ci siamo chiesti se e in che misura concorreremo a modificare il clima?»

Senza citare, ad esempio, aziende come la Monsanto, Bergoglio ne mette a confronto quella produzione e quel lavoro con quelli di contadini, pescatori, allevatori, conservati «nella memoria di generazioni e che oggi vedono derisa e dimenticata da un modello di produzione che è a tutto vantaggio di gruppi ristretti e di un’esigua porzione della popolazione mondiale. Ricordiamoci che si tratta di un modello che, con tutta la sua scienza, permette che circa ottocento milioni di persone soffrano ancora la fame.»

Papa Francesco chiede, anche tramite la FAO, un impegno a parlare ad istituzioni e politici perché diventino «costruttori di un ordine interno alle Nazioni e di un ordine internazionale che non permettano più che lo sviluppo sia appannaggio di pochi, né che i beni del creato siano patrimonio dei potenti.»

Questo perché «i livelli di produzione mondiale permettono di assicurare alimenti per tutti, purché ci sia un’equa distribuzione. Ma possiamo ancora continuare su questa linea, se poi le logiche di mercato seguono altre strade giungendo a fare dei prodotti agricoli una merce qualsiasi, ad usare sempre più il cibo per scopi non alimentari o a distruggere alimenti per il solo fatto che sono in eccesso rispetto al profitto e non ai bisogni?»

Infine, il Papa indica l'appuntamento di Marrakech, dove gli Stati Parte della Convenzione sui cambiamenti climatici sono chiamati a dare attuazione a quegli impegni, come l'occasione che «gli obiettivi delineati dall’Accordo di Parigi non rimangano belle parole, ma si trasformino in decisioni coraggiose capaci di fare della solidarietà non soltanto una virtù, ma anche un modello operativo in economia, e della fraternità non più un’aspirazione, ma un criterio della governance interna e internazionale.»