L'Italia è un paese a due facce. Da una parte c'è quella narrata dal presidente del Consiglio che arringa in maniera istrionica platee entusiaste e plaudenti convincendole di vivere in un grande paese, dall'altra c'è quella della realtà che periodicamente ci viene illustrata da report, studi e statistiche e che non riesce mai a combaciare con quella che ci viene descritta da Matteo Renzi.

Stavolta è Save the Children ad illustrare l'altra Italia. Secondo l'organizzazione nata per la protezione dell'infanzia, nel nostro paese quasi 1 minore su 3 è a rischio povertà ed esclusione sociale. I bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno perché vivono in case non riscaldate, mentre 1 bambino su 10 vive in abitazioni non abbastanza luminose.

Questo è quanto pubblicato nel 7° Atlante dell’Infanzia (a rischio) pubblicato da Treccani e disponibile nelle librerie italiane da inizio dicembre, presentato oggi in anteprima.

Quella narrata da Save the Children è la fotografia impietosa di un paese che viene descritto come ricco e benestante ma che, alla prova dei fatti, ricco e benestante non è. Benestante, ovviamente, è da intendersi come condizione minima di benessere.  Condizione che consenta alle persone e, in questo caso ai bambini, di vivere bene, decorosamente. Cosa che purtroppo non accade.

1 bambino su 20 non possiede giochi a casa o da usare all’aria aperta, mentre più di 1 su 10 non può permettersi di praticare sport o frequentare corsi extrascolastici. La percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente gli studi, fermandosi alla licenza media, tocca il 14,7%, mentre 1 alunno di 15 anni su 4 non raggiunge le competenze minime in matematica e 1 su 5 in lettura. 6 bambini e ragazzi su 10 i cui genitori hanno un titolo di studio basso sono a rischio di povertà ed esclusione sociale. 5,5 milioni di bambini e ragazzi sotto i 15 anni, inoltre, vivono in aree ad alta e medio-alta pericolosità sismica.

Questi numeri sono illustrati in 48 mappe comprese tra le 43 tavole e le 280 pagine di analisi e dati geolocalizzati di cui è composto l’Atlante di Save the Children, a cura di Giulio Cederna, corredato dagli scatti di Riccardo Venturi e realizzato nell’ambito della campagna "Illuminiamo il futuro", avviata da Save the Children con l’obiettivo di contribuire a debellare la povertà educativa in Italia entro il 2030.

Come già accennato in precedenza, i bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno perché i loro genitori non possono permettersi di riscaldare adeguatamente la casa, rischiando così di contrarre bronchiti o malattie cardiovascolari. Questo dato, però, è superiore di 15 punti rispetto alla media europea (39% contro 24,7%). Questo fenomeno della cosiddetta povertà energetica riguarda anche l’11% delle famiglie italiane non povere con bambini, una percentuale che in Svezia e Norvegia si abbassa allo 0,3%.

Più di 1 minore su 4 abita in appartamenti umidi, con tracce di muffa alle pareti e soffitti che gocciolano, un dato nettamente più elevato della media europea (25,4% contro il 17,6%), mentre l’abitazione di oltre 1 bambino su 10 in famiglie a basso reddito non è sufficientemente luminosa.

Più di 1 bambino su 20 (tra 1 e 15 anni) non riceve un pasto proteico al giorno e non possiede giochi a casa o da usare all’aria aperta. Più del 13% dei bambini non ha uno spazio adeguato a casa dove fare i compiti e non può permettersi di praticare sport o frequentare corsi extrascolastici. Quasi 1 bambino su 10 non può indossare abiti nuovi o partecipare alle gite scolastiche e quasi 1 bambino su 3 non sa cosa voglia dire trascorrere una settimana di vacanza lontano da casa.

Quelle elencate sono solo alcune delle conseguenze tangibili della povertà sulla vita dei bambini nel nostro Paese, dove, secondo dati Istat, oggi più di 1,1 milioni di minori vivono in povertà assoluta, una condizione che tra il 2005 e il 2015 ha visto triplicare la sua incidenza sulle famiglie con almeno un minore, passando dal 2,8% al 9,3%. La povertà assoluta è diffusa soprattutto nel Mezzogiorno, dove colpisce più di una famiglia con bambini su 10 (10,9% contro l’8,6% di famiglie in povertà assoluta al Nord), mentre nelle regioni settentrionali questa condizione investe in modo particolare le famiglie immigrate, che rappresentano il 41% delle famiglie in povertà assoluta al Nord.

L'Italia presenta livelli di povertà minorili superiori alla media europea: quasi 1 minore di 17 anni su tre (32,1%) è a rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia, ben 4 punti e mezzo sopra la media europea (27,7%). Olanda e Germania, grazie a un sistema di welfare efficace, riescono ad esempio a contenere tale rischio sotto la soglia del 20%.

C'è una spiegazione a tutto questo? La fornisce Eurostat. Secondo l'istituto di ricerca europeo, per affrontare la questione della povertà, l’Italia nel 2013 ha destinato una quota di spesa sociale a infanzia e famiglie pari alla metà della media europea (4,1% rispetto all’8,5%), mentre i fondi destinati a superare l’esclusione sociale sono pari appena allo 0,7%, contro una media europea dell’1,9%.

Gli interventi di welfare messi in campo dall'Italia per il 2014 sono riusciti a ridurre il rischio di povertà per i minori di 18 anni di soli 10 punti percentuali (dal 35% al 25%). Un risultato che ci pone tra gli ultimi nel Vecchio Continente, davanti solo a Romania e Grecia, considerando che mediamente in Europa gli interventi sociali in favore di famiglie e minori riescono a ridurre il rischio di povertà del 15,7%.

In questa situazione, le disuguaglianze aumentano. L’assenza di opportunità e stimoli ha forti ripercussioni anche sulla riuscita scolastica di bambini e ragazzi. In Italia 1 alunno di 15 anni su 4 non raggiunge le competenze minime in matematica e 1 su 5 in lettura. Nel nostro Paese, la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente gli studi, fermandosi alla licenza media, supera la media europea (14,7% contro 11%), nonostante negli ultimi 10 anni il tasso di dispersione scolastica si sia ridotto del 7,4%, permangono tuttavia livelli di abbandono scolastico molto preoccupanti nelle regioni del Sud, in particolare in Sicilia e Sardegna che superano la soglia del 20%.

D’altro canto, anche il livello di istruzione basso dei genitori rappresenta un forte fattore di rischio per la vita e il futuro dei bambini. In Italia quasi 6 bambini su 10 (58,3%) - tra 0 e 17 anni - i cui genitori hanno un titolo di studio che non supera la licenza media sono a rischio di povertà ed esclusione sociale, contro il 13% dei figli di genitori laureati. Un dato particolarmente significativo considerando che l’Italia presenta una percentuale molto alta (42,3%) di adulti tra 18 e 64 anni con livelli di scolarizzazione bassi, ben al di sopra della media europea del 27,5%. Sulle famiglie economicamente più fragili si è fatto sentire anche l’effetto della crisi: tra il 2008 e il 2014, la percentuale di minorenni figli di genitori con bassi titoli di studio a rischio povertà è cresciuta del 10,2%, contro una media del 7,9% a livello europeo.

Le povertà economiche ed educative dei genitori possono lasciare il segno sulla vita dei bambini anche al momento della nascita. Tra le donne senza alcun titolo di studio o con solo la scuola elementare, la quota di chi non effettua visite di controllo durante la gravidanza (5,4%) o di chi lo fa solo dopo la dodicesima settimana (11,2%) è 3-4 volte superiore rispetto a quella delle madri con livelli di istruzione elevati (1,8% e 2,6%).

Nonostante la mortalità infantile in Italia si sia drasticamente ridotta nel corso tempo, raggiungendo oggi un tasso medio nazionale di 3,2 decessi entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi, permangono importanti differenze territoriali, con il Trentino Alto Adige (3,3 su 1.000) ed alcune regioni del Sud e del Centro (Sicilia, Calabria, Campania e Abruzzo oltre 4 su 1.000) che superano la media nazionale.

Inoltre, tra le problematiche segnalate da Save the Childern vi è anche quella del pericolo sismico. Grazie all'aiuto dell'INGV, che ha associato i dati demografici relativi alla popolazione di 0-14 anni per provincia alle aree considerate ad alta pericolosità, emerge che in Italia 5,5 milioni di bambini e ragazzi sotto i 15 anni vivono in aree ad alta e medio-alta pericolosità sismica. Si tratta di un territorio che copre circa il 70% delle province italiane che comprende 45 città sopra i 50.000 abitanti che ospitano 900.000 minorenni sotto i 15 anni.

Un quadro desolante quello che viene illustrato nella presentazione di Save the Children che conferma però un dato su cui da tempo molti avevano posto l'attenzione: cioè che in Italia è ormai in atto un progressivo aumento di un divario sociale tra classi che divide in due il paese, erodendo gradualmente, con la possibilità di farla scomparire, quella che una volta era la classe media, il motore dello sviluppo italiano. Se non porremo rimedio a questa situazione, in futuro avremo un'Italia divisa solo tra ricchi e poveri.