In questi giorni, diverse testate nazionali hanno dato notizia della ipotizzata intenzione, da parte di Matteo Salvini, di dare un radicale cambiamento alla storia del Suo partito. In concomitanza del prossimo congresso federale della Lega Nord, il leader del Carroccio avrebbe in programma di proporre la modifica dell'articolo 1 dello statuto. Articolo che recita: "il conseguimento dell'indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana".

La modifica riguarderebbe la locuzione "indipendenza della Padania". Modifica necessaria per proiettare il partito da una dimensione puramente localista a quello di partito in chiave nazionale.

Non so se queste ipotesi giornalistiche siano fondate o no, ma come cittadino qualunque (che crede nel principio di autodeterminazione dei popoli ed è fortemente contro un mondo globalizzato) è da qualche tempo che pensa che la Lega Nord abbia bisogno di  aprirsi a forze nuove,  e soprattutto, abbia la necessità di elaborare una strategia convincente  per essere in grado di puntare al governo di questo paese. E per governare il paese bisogna ottenere un consenso di voti maggiore di quelli degli altri partiti . Voti che puoi ottenere solo allargando il bacino elettorale.

Se Matteo Salvini deciderà di intraprendere questa strada, troverà sicuramente molte resistenze all'interno del Suo partito. Ma insistere nel credo della base leghista, vorrebbe dire che si preferirebbe insistere nella politica dello struzzo. Quella di mantenere la testa sotto terra. Illudendosi, non vedendo quello che accade fuori, che si possa magicamente realizzare il proprio sogno politico.

Il rifiuto ad aprirsi per il cambiamento, vuol dire condannare se stessi alla definitiva capitolazione. Occorre essere pragmatici riconoscendo la metamorfosi del panorama politico sociale del paese. L'Italia di Bossi non è più quella di oggi. Ieri il nemico era soprattutto Roma, oggi è la globalizzazione, è Bruxelles. Quindi anche la strategia politica deve essere modellata in base alla trasformazione della nostra società avvenuta in questi decenni.

In effetti si può realisticamente sognare l'autonomia del Nord quando, innanzitutto, questo Nord è suddito e  vittima di leggi e di diktat sovranazionali? I vincoli e le imposizioni non vengono più da Roma, ma bensì da Bruxelles. E se al referendum per la riforma costituzionale vincesse il "SI",  i "padani" dovrebbero dimenticare per sempre ogni sogno di indipendenza.

Sino ad oggi la Lega Nord ha confidato nella vittoria, nelle elezioni di altri paesi europei,  di quei partiti contrari al regime della UE e del IV Reich, e che sono contro l'immigrazione selvaggia. E sfruttando l'onda di questi successi elettorali il Carroccio ha ipotizzato di trarne vantaggio in casa propria. Strategia che  può essere valida solo se di aiuto ad una propria azione politica proiettata all'aumento del proprio consenso.

Recentemente il Prof. Paolo Becchi scriveva sul quotidiano "Libero" per lanciare una Sua proposta:

"Anche l’idea di aggiungere alla Lega Nord una Lega del Sud, per quanto suggestiva, non convince: è come pensare che per risolvere il problema dell’euro sia sufficiente farne due, uno per il Sud e uno per il Nord. Non funziona. O si crea un nuovo soggetto politico, una Lega d’Italia e per l’Italia, che sappia coniugare il federalismo delle origini con l’interesse nazionale, a partire da un programma condiviso anche con altre forze politiche, un programma di pochi punti essenziali"

Dunque un nuovo soggetto politico che coniughi in primis gli interessi del paese, per renderlo libero e sovrano, fuori dalla schiavitù imposta dalla UE.  Che poi sia in grado di ridisegnare l'Italia sulla base organizzativa e fiscale del modello federalista. Assecondando quelle istanze che vengono dal basso e senza imposizioni da stato centralista. Un partito federalista capace di coordinare più che imporre.

L'importante è tornare ad essere "padroni a casa nostra". Per poter uscire da questo cul de sac che si chiama UE,  in cui l'Italia di Prodi ci ha cacciato.

Ma bisogna fare presto, prima che il disastro al quale assistiamo e che stiamo subendo non diventi irreversibile.