Detta anche Charta Bambagina, la carta di Amalfi deve il suo nome probabilmente alla città araba di El Mambig, o al nome greco “bambax” che significa cotone. In effetti, la carta bambagina non viene ricavata dalla cellulosa, ma viene prodotta da stracci e cenci di lino, cotone e canapa di colore bianco, attraverso un particolare tipo di procedimento.

Le stoffe, raccolte in vasche di pietra dette “pile”, venivano ridotte in poltiglia per mezzo di magli di legno chiodati all’estremità e mossi da mulini a propulsione idraulica. La forma e le dimensioni dei chiodi sui magli determinava la consistenza della poltiglia e, quindi, la grammatura o lo spessore dei fogli di carta.

La poltiglia veniva poi trasferita in un tino, dove veniva calata la “forma”, che aveva la bordatura in legno e la filigrana nel mezzo, composta da una fitta rete di fili di ottone o bronzo. La filigrana conteneva i marchi di fabbrica, che servivano a contraddistinguere i vari cartari. Questi marchi, visibili in controluce, raffiguravano simboli civici, araldici e religiosi.