E perché avrebbe dovuto essere diverso? Con una certa enfasi Repubblica si è assegnata il merito di aver realizzato la prima intervista a Matteo Renzi dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre e le conseguenti dimissioni da presidente del Consiglio.

Realizzata da Ezio Mauro, l'intervista di Renzi è, nella sostanza, la solita banale promozione di se stesso, dove il segretario del PD, se si vuole leggerla in chiave elezioni politiche, dà il via alla campagna elettorale per il voto che molti danno quasi per scontato entro la prossima primavera.

Matteo Renzi usa sempre lo stesso stravolgimento della realtà, che più prosaicamente dovrebbe essere definito menzogna cronica e spudorata, come strumento di autoassoluzione e autopromozione al tempo stesso.

Una piccola dimostrazione? Ecco perché, secondo Renzi, non ha vinto il referendum: "Mi sono illuso che si votasse su province, Cnel, regioni. Errore clamoroso."

Dal votare nel merito a votare su quanto Renzi aveva fatto fino ad allora nel governare il paese è stato lo stesso Renzi. Gli altri si sono semplicemente adeguati e lo hanno seguito sulla stessa strada. Strada che lo stesso Renzi ha percorso, poi negato, poi ripercorso, in un andare e venire infinito dove, lui per primo, si è ben guardato dall'analizzare in dettaglio la riforma costituzionale.

Dall'intervista, riusciamo a capire che nei prossimi mesi avremo il Renzi modulato sulla lunghezza d'onda del futuro e della speranza, il Renzi delle belle promesse, un un po' De Amicis po' Salgari e, perché no, anche un po' Veltroni.

In fondo niente di nuovo all'orizzonte, salvo la sicurezza che, se i rapporti di forza all'interno del PD e quelli tra le forze politiche del paese rimanessero gli stessi, l'Italia sarà costretta ad assistere a quanto finora è stata costretta ad assistere.

Un'ultima annotazione, utile a capire quanto il Renzi della sconfitta sia del tutto identico al Renzi precedente, è la dichiarazione del segretario del PD sul futuro del giornale di partito, l'Unità, quando afferma che "lavoreremo a una soluzione con umiltà e buon senso. Faremo di tutto. Vedrò Staino e gli editori dalla settimana prossima. Ma se il giornale vende poco, davvero pensiamo che la colpa sia del segretario del partito?"

Ennesimo stravolgimento della realtà. La direzione Staino, sotto la tutela di Andrea Romano, non ha ricevuto alcun supporto dal partito e dalla proprietà per cambiare il giornale, a partire dal formato. Qualunque variazione, anche nella riduzione del personale, richiede degli investimenti. Il Partito Democratico di Renzi non solo non ha fatto nulla in tal senso, ma non ha neppure fatto nulla per promuovere e supportare il giornale, neppure durante le proprie iniziative politiche come manifestazioni e riunioni.
Quindi, se tu proprietà non dai supporto di alcun tipo a chi hai chiamato per risollevare le sorti un'iniziativa editoriale, come si può pensare che costui possa essere in grado di modificare la situazione precedente che era fallimentare?

Come ci ricorda l'intervista di Mauro, l'importante per Renzi è rilasciare dichiarazioni, ma ancor più importante è che nessuno, in nessun caso, lo metta mai di fronte alla realtà, quella vera, dei fatti.