Si è ormai quasi conclusa la terza settimana dello sciopero della fame iniziato il 17 aprile scorso da 1.500 detenuti politici palestinesi, prigionieri nelle carceri israeliane.

La protesta è iniziata per attirare l'attenzione della comunità internazionale sul sistema carcerario israeliano, in modo che il governo di Tel Aviv ne ammorbidisse il regime. Ma finora non è avvenuto. In compenso, molti dei prigionieri che da 18 giorni consumano solo acqua e sale sono in condizioni preoccupanti.

A tale scopo, la Lega Araba ha chiesto alle Nazioni Unite di aprire un’inchiesta internazionale sulle carceri israeliane ed il regime imposto ai prigionieri palestinesi e di inviare una commissione nelle strutture detentive dello Stato ebraico.

E che «affermazioni generiche di impegno alla pace non bastano più. Servono fatti concreti» lo ha affermato anche monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, ex custode di Terra Santa, in un'intervista riportata dall'agenzia di stampa della Federazione Italiana Settimanali Cattolici.

Su un possibile raggiungimento di un accordo di pace tra israeliani e palestinesi grazie al contributo di Trump, Pizzabella ha ricordato che «tutti i presidenti Usa, all’inizio del loro mandato, dicono sempre la stessa cosa. L’esperienza maturata in oltre 20 anni in Medio Oriente mi dice che si deve essere prudenti nel fare affermazioni troppo entusiastiche.

Bisogna vedere il territorio e qui la situazione è molto grave. Lo sciopero della fame dei detenuti palestinesi, gli insediamenti che aumentano sono situazioni che non cambieranno con semplici dichiarazioni

Riguardo al nuovo statuto costitutivo di Hamas che ha ammorbidito la propria posizione nei confronti di Israele, accettando la possibilità di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, Pizzaballa ha detto che questa «potrebbe essere un’importante novità. Passare dall’idea di distruggere Israele a quella di accettare i confini dello Stato Palestinese è importante ma la strada è ancora lunga. Dobbiamo percorrerla e in questa direzione tutti i passi sono utili. La pace va costruita sul territorio perché è qui che la situazione deve migliorare altrimenti la gente diventa scettica e lontana.»

Dopo aver sottolineato che la soluzione del conflitto in medio oriente passa anche dal "nodo" di Gerusalemme, definito «una questione ideale dove l’elemento religioso è importante» e dovrà coinvolgere non solo palestinesi e israeliani, ebrei e musulmani ma anche i cristiani, Pizzaballa ha ricordato che gli ordinari cattolici di Terra Santa hanno chiesto a Israele la fine dell’uso della detenzione amministrativa per i palestinesi ed il rispetto della loro dignità umana.

«Cosa potrebbe accadere se le richieste dei detenuti non dovessero essere ascoltate, o peggio, se qualcuno dovesse morire? Mi auguro che ciò non accada. Se dovesse accadere la situazione si aggraverebbe ulteriormente e andrebbe fuori controllo.»