Un sindacato del Bangladesh, nel 2016, ha intentato una causa a Zurigo, in Svizzera, contro la FIFA. Il motivo? Non aver esercitato alcun tipo di controllo sul modo in cui i lavoratori stranieri vengono impiegati in Qatar per la costruzione delle infrastrutture, soprattutto stadi, che verranno utilizzate per disputare i mondiali di calcio che nel 2022 si svolgeranno nella penisola che si affaccia sul golfo arabico.

La causa, che ha avuto il supporto di uno dei più grandi sindacati olandesi, è stata promossa con lo scopo di "attivare" la FIFA affinchè il Qatar, per la realizzazione delle sue immense opere immobiliari - e tra queste gli stadi per i mondiali del 2022 - inizi ad utilizzare delle garanzie minime per i lavoratori, soprattutto stranieri, che operano nei cantieri qatarioti.

Oltre alla remunerazione che non è certo adeguata per uno dei paesi che vanta un reddito pro capite tra i più alti al mondo, i lavorati stranieri vivono in strutture che possono essere definite di fortuna se non addirittura fatiscenti, lavorano in condizioni di rischio altissimo e il loro contratto di lavoro è legato ad un sistema che impedisce ad un dipendente di cambiare lavoro o di lasciare il Paese senza che questi abbia ottenuto il benestare del proprio datore di lavoro.

Questo tipo di contratti di lavoro, almeno ufficiamente, sono stati aboliti alla fine del 2016, con il governo del Qatar - in cui vige una monarchia costituzionale - che ha varato un nuovo tipo di legislazione per quanto riguarda il lavoro e i diritti dei lavoratori.

La nuova legge - nelle intenzioni del ministro del lavoro Issa al-Nuami - consente un miglioramento dei diritti dei lavoratoi stranieri in Qatar, eliminando la precedente legislazione, conosciuta come "Kefala", che legava i diritti dei lavoratori ai capricci o alle necessità dei datori di lavoro. Con la nuova legislazione, i lavoratori a fine contartto possono cambiare liberamente lavoro, mentre alle aziende che confischeranno i passporti ai propri dipendenti saranno comminate multe fino a 25.000 riyal, circa seimila euro.

Eppure, nonostante che tale legislazione sia ormai attiva da alcui mesi, già nella scorsa primavera erano state portate alla luce denunce di lavoratori provenienti da India, Nepal e Bangladesh cui era stato impedito di ritornare nel proprio paese.

Nella nuova legge, rispetto alla precedente che vietava alle aziende di impedire ai lavoratori di lasciare il paese, tale compito è adesso affidato al governo ed è per l'appunto il governo che nega la possibilità di lasciare il Qatar ai lavoratori stranieri che ne fanno richiesta. Non a tutti, ma sicuramente a gran parte di loro sì. Quindi, rispetto a quanto accadeva in precedenza, la situazione dei lavoratori stranieri in Qatar è migliorata, ma solo leggermente.

In ogni caso, quello che non è cambiato, sono le condizioni di lavoro. I lavoratori che costruiscono le fantastiche ed immaginifiche strutture delle opere immobiliari che caratterizzano lo skyline di Doha e di altre città quatariote, inclusi gli stadi del mondiale del 2022, operano spesso come gli acrobati del cirque du soleil con la differenza che lavorano ad altezze ben più eleveate, non hanno la stessa preparazione tecnica, non hanno le stesse garanzie di sicurezza e, infine, guadagnano molto meno di loro.

A questo bisogna pure aggiungere che i ritmi di lavoro forsennati, abbinati alle condizioni del clima, hanno fatto sì che alcuni lavoratori siano deceduti in seguito ad arresto cardiaco.

La Qatar Sports Investment è una partecipata del fondo sovrano con cui il Qatar diversifica i suoi investimenti acquistando partecipazioni in aziende di tutto il mondo, in qualsiasi settore di attività. Quelle in ambito sportivo sono affidate, per l'appunto alla QSI che ha deciso di investire principalmente nel calcio con l'acquisto del Paris Saint Germain -  costato finora tra gli 800 e i 900 milioni di euro - a cui ha fatto seguito l'acquisizione dei diritti per disputare i mondiali di calcio a Doha (e dintorni) nel 2022. Il calcio come struemnto di promozione per il Qatar, in modo da acquisire investimenti e migliorarne l'immagine a livello mondiale.

Ed in funzione di questo si deve l'acquisto del calciatore Neymar dal parte del PSG con un investimento che ha richiesto un impiego di capitali - relativi a tutte le implicazioni associate al passaggio del giocatore dal Barcellona alla squadra francese - che dovrebbe aggirarsi intorno ai 600 milioni di euro. Una cifra incredibile, mai vista finora nel calcio associata ad una sola operazione di mercato.

Naturalmente, i media hanno pensato bene di snocciolare le cifre iperboliche con cui verranno ricompensati i vari attori della vicenda: il Barcellona FC, Neymar e i suoi procuratori. Nessuno, ovviamente, si è chiesto come il Qatar abbia potuto trovato quei soldi, dando per scontato che provengano solo dal petrolio e, sopratutto, dal gas, di cui è ricco il piccolo Stato del golfo arabico.

Sicuramente sarà così. Ma va considerato anche che i soldi di Neymar, tanti o pochi che siano, vengono anche dallo sfruttamento dei lavoratori stranieri. Eppure, a nessuno è venuto in mente di ricordarlo. Tutti, indistintamente, a meravigliarsi per le capacità economiche del Qatar, per la cifra spesa e se questa possa valere o meno le capacità tecniche, come calciatore, di Neymar.

A nessuno importa dei lavoratori indiani o di quelli del bangladesh che vivono da schiavi in Qatar.