Maher, 14 anni ha descritto come, insieme alla sorellina Zahra e ai genitori abbia camminato per più di 15 ore per raggiungere il campo di Debaga. Ha indicato i piedi e le sue ciabatte di plastica usurate.

Haitham, 12, ha detto che è andato a scuola per quasi due anni: «L'unica scuola che potevo frequentare era una scuola del Daesh. Volevano solo insegnarci come usare le armi. Ma io non volevo. Non voglio usare le armi, non mi piacciono le pistole.»

Hassan, un bambino di 9 anni  ha spiegato come la sua famiglia aveva finito i soldi e il cibo. La povertà era quello che ha spinto la sua famiglia a fuggire: «Tutto quello che abbiamo potuto mangiare erano melanzane.»

Sana sembra avere solo 18 anni. Ha detto che aveva tre figli: «Ho camminato per ore e ore, portando le mie due bambine.» Ma del terzo figlio non ha detto nulla.

Queste alcune delle testimonianze raccolte da operatori dell'Unicef che hanno visitato il campo profughi di Debaga in Iraq, nel quale si trovano più di 16.000 bambini, sfollati da varie zone nel nord dell'Iraq. 

In tutto l'Iraq, sono quasi 5 milioni i bambini che direttamente sono stati coinvolti nel conflitto che interessa principalmente la parte settentrionale del paese. Di questi, secondo l'UNICEF, potrebbero essere oltre mezzo milione quelli che ancora vivono nell'area di Mosul.

Questa piccola testimonianza per sottolineare quanto possa esser stata allucinante oltre che insensata la protesta di alcune decine di persone che hanno impedito, nella provincia della civilissima e non certo povera Ferrara, che 15 donne, in attesa che venga accolta la loro domanda di asilo, venissero respinte perché "non gradite"!