L'INPS ha pubblicato il 23 febbraio i dati relativi all'osservatorio sul precariato per tutto il 2016.

Alla fine dello scorso anno, nel settore privato, i rapporti di lavoro attivi risultano aumentati di 340.000 unità rispetto alla fine del 2015, in risultato del saldo del periodo le assunzioni e cessazioni.

L’incremento dei rapporti di lavoro nel 2016 si aggiunge a quello, ancora più consistente, osservato nel 2015. Il risultato complessivo del biennio 2015-2016 è pari a +968.000, diversamente dal biennio precedente 2013-2014 quando si erano registrati sempre saldi negativi.

Il risultato di quest'anno, però, è imputabile prevalentemente al trend di crescita registrato dai contratti a tempo determinato, il cui saldo bei 12 mesi ha significativamente recuperato la contrazione registrata nel 2015, causata dall’elevato numero di trasformazioni in contratti a tempo indeterminato, dovuta agli incentivi.

Il saldo dei contratti a tempo indeterminato risulta comunque positivo. Al risultato di fine anno ha concorso significativamente l’elevato livello di trasformazioni di rapporti a termine indotto, a dicembre dalla fine dell’esonero contributivo biennale e delle incentivazioni per i lavoratori in lista di mobilità.

Ulteriore dimostrazione del fatto che del tanto celebrato Jobs Act, l'unica parte che ha prodotto effetti concreti è la decontribuzione, soprattutto quella del 2015, utilizzata anche per la tasformazione dei lavoratori a tempo determinato in lavoratori a tempo indeterminato.

Il Jobs Act, al di là di quello che voglia far credere Renzi e coloro che finora ne hanno diffuso il verbo è una legge che favorisce la precarizzazione del lavoro, oltre a diminuirne i diritti.

Però, come dimostra una ricerca di Guglielmo Forges Davanzati, professore associato di Economia politica all’Università del Salento, e di Lucia Mongelli, dell'Università di Bari, le politiche di flessibilità accrescono la disoccupazione, indebolendo il potere contrattuale dei lavoratori, mentre – soprattutto nella sfera politica – rendono possibili ulteriori misure di deregolamentazione. UNa spirale perversa che i governi, pure quelli che si definiscono di sinistra sembrano non voler comprendere.