Per prima cosa, è necessario togliere il condizionale. È tutto vero. Renzi ha spedito agli italiani all'estero una lettera per promuovere il Sì al referendum. In fondo, l'aveva annunciato pure la ministra Boschi, aggiungendo, ironicamente che, pur venendo spedita in contemporanea con l'invio della scheda per il voto, non sarebbe stata inserita nella stessa busta... per evitare polemiche!

Ma è possibile fare questo tipo di comunicazioni acquisendo gli indirizzi da una fonte pubblica che li custodisce? Il garante si è espresso in tal senso, affermando che "possono essere utilizzati, per il perseguimento delle finalità di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica, i dati personali estratti dai seguenti elenchi pubblici" tra cui "l'elenco provvisorio dei cittadini italiani residenti all'estero aventi diritto al voto (art. 5, comma 8, d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104)".
Quindi, tutto secondo le regole, tanto che una serie di politici del Partito Democratico si è sentita in obbligo di fare le seguenti dichiarazioni di sdegno in relazione alle polemiche sull'invio di tale lettera. Nell'ordine...

Emanuele Fiano della segreteria del Partito Democratico: «Come al solito l’ossessione di attaccare il Partito Democratico e il suo segretario giocano un brutto scherzo ai vari Brunetta, Quagliariello, Fico e compagnia cantante, i quali dimostrano un’imbarazzante ignoranza delle leggi.
Bastava infatti conoscere le regole sul trattamento dei dati presso i partiti politici, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 marzo 2014, per rendersi conto che la lettera inviata dal Partito Democratico agli italiani residenti all’estero è un’iniziativa del tutto legittima.
Ma si sa, l’odio acceca. Lor signori hanno perso l’ennesima occasione di stare zitti e non rendersi ridicoli.
Evidentemente per costoro gli italiani all’estero sono cittadini di serie B, buoni a procacciare voti per il Parlamento, ma non degni di essere informati sul referendum costituzionale».

Ernesto Carbone, componente della segreteria del PD: «Quando non si hanno argomenti si tenta di creare confusione e si finisce a fare una figuraccia. Accade a tutti quelli che si stanno sperticando a commentare la lettera del PD agli italiani all’estero. Una cosa normalissima in campagna elettorale e condotta secondo le regole che costoro dovrebbero conoscere. Regole pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 2014. Invece l’ignoranza e la cattiva fede la fanno da padrone.
Evidentemente anziché cercare di persuadere delle loro ragioni, alle quali evidentemente non credono nemmeno loro, buttano fumo negli occhi per non affrontare nel merito la riforma costituzionale.
Ma riescono nel solo obiettivo di dimostrare che hanno paura di confrontarsi sui contenuti. Essere ignoranti non è un merito ne una giustificazione». 

David Ermini, deputato PD: «Oltre a non conoscere le regole chiaramente riportate nella normativa pubblicata in Gazzetta Ufficiale, chi in queste ore sta montando questa inutile polemica sulla lettera inviata da Matteo Renzi agli italiani residenti all’estero, deve ricordare che la medesima iniziativa venne assunta in passato sia da Silvio Berlusconi che da Luigi Bersani».

Francesco Scalia, senatore del Partito democratico Francesco Scalia: «Il 4 dicembre siamo chiamati ad esprimerci su una materia importante come la Costituzione del nostro Paese ed è francamente imbarazzante che esponenti del No e parlamentari come Brunetta, Quagliariello, Schifani e del nostro partito come Gotor, non trovino di meglio che montare polemiche fuori luogo per la lettera inviata da Renzi agli italiani all’estero per il Si al Referendum.
Non esiste nessuna scorrettezza, il Presidente del Consiglio ha agito nel pieno della legalità e di ciò che gli consentono le leggi e le regole che questi parlamentari dovrebbero ben conoscere. Responsabilità vuole che, a poche settimane dal voto, si parli del merito e dei contenuti di questa Riforma lasciando da parte polemiche spicciole e pretestuose di bassa propaganda elettorale». 

Ma siamo sicuri che il Partito Democratico e Matteo Renzi non abbiano alcun motivo di cui vergognarsi? Forse non è proprio così. E la questione principale è riassunta nella dichiarazine di Ermini che prende ad esempio Berlusconi e Bersani che, in passato, avevano fatto la stessa identica cosa. Purtroppo per Eremini, però, non è così.

Infatti  Silvio Berlusconi (nel febbraio 2008) e Pier Luigi Bersani (nel gennaio 2013) non hanno inviato quella comunicazione come presidenti del Consiglio, ma come segretari di partito. Matteo Renzi, invece, pur essendo segretario di partito ha inviato la lettera di propaganda agli elettori all'estero promuovendo se stesso come presidente del Consiglio e, come tale, ha invitato a votare Sì al prossimo referendum del 4 dicembre.
Il presidente del Consiglio democratico di un paese democratico può promuovere e pubblicizzare il voto, non dire come votare, anche se è segretrario di partito. 

È un concetto forse troppo raffinato perché le capacità intellettuali di Fiano, Carbone, Ermini e Scalia riescano a comprenderlo? Evidentemente sì, ma nonostante ciò il problema rimane e se il presidente della Repubblica non dirà nulla in merito non potrà certo essere per questo applaudito. 

Finita qua? Ma no! Sulla lettera c'è da aggiungere anche quanto oggi pubblica il manifesto che riporta le dichiarazioni del parlamentare europeo di Forza Italia, presidente del Comitato popolare per il No, Giuseppe Gargani: «Venti giorni fa sono andato a chiedere gli elenchi degli italiani che votano all’estero direttamente al Viminale, sono stati molto gentili e dopo appena cinque giorni mi hanno consegnato un Cd. Dentro ci sono circa quattro milioni di nomi e cognomi, ma nessun indirizzo. Ragioni di privacy, mi hanno spiegato». 

Ma come! E allora perché a Renzi tali indirizzi sono stati concessi? E perché le ragioni di privacy quando il garante si è già espresso a favore?

Ma oltre al problema lettera, non certo di poco conto, va aggiunta anche la questione della correttezza del voto sollevata da una rivelazione de Il Fatto Quotidiano che pubblicava un documento con cui l’ambasciatrice Cristina Ravaglia, dopo le politiche del 2013, invitava l'allora ministro Giulio Terzi di Sant’Agata a prendere contromisure sulla modalità di voto degli italiani all'estero, denunciando «gli effetti potenzialmente distorsivi dell’impianto vigente», definendolo «totalmente inadeguato, se non contrario ai fondamentali principi costituzionali che sanciscono che il voto sia personale, segreto e libero.»

È stato fatto qualcosa nel frattempo per venire incontro ai rilievi dell'ambasciatrice Ravaglia? Ovviamente no. E per sottolineare l'ipocrisia ed il non senso che caratterizza l'operato dell'attuale governo, c'è pure la risposta ufficiale del ministero degli Esteri all'articolo de Il Fatto: "In merito all'articolo pubblicato oggi dal Fatto Quotidiano si rende noto che gli uffici competenti della Farnesina e della rete diplomatico consolare con il Ministero dell'Interno sono impegnati come nelle precedenti tornate elettorali ad assicurare il corretto svolgimento dell'imminente consultazione referendaria.
Tale impegno è ovviamente basato sul dettato della legge 459/2001 che regola il voto all’estero come riformata dalla legge 52/2015 (cd. “Italicum”)."

A questo punto è evidente da parte di Matteo Renzi, considerati i risultati finora ottenuti in Italia dalla sua propaganda elettorale a favore del Sì, la necessità di "raschiare il barile" cercando di compensare il consenso al No dell'elettorato interno con i Sì che potrebbero arrivare dall'estero.

Ma a questo punto, se il voto per corrispondenza proveniente dall'estero dovesse risultare decisivo ribaltando il risultato ottenuto nelle urne, potremmo parlare di voto regolare?