Dopo l’incontro di luglio, governo e sindacati sembravano ottimisti su un accordo su pensioni e mercato del lavoro. Ora ottimista è solo il governo mentre lei ha detto che «la vertenza continua». Che è successo? «È successo — risponde Susanna Camusso, segretario generale della Cgil — che il governo ci ha detto che con la legge di Bilancio avrebbe messo a disposizione risorse “rilevanti”, ma le anticipazioni parlano di appena 1,5 miliardi di euro, una cifra chiaramente insufficiente. Inoltre, non va avanti l’ottava salvaguardia per gli esodati, non ci sono soluzioni per i lavori usuranti e per i precoci mentre l’unica cosa che sembra interessare al governo è l’Ape, questa specie di mutuo pensionistico sul quale abbiamo molte obiezioni».

Così inizia il resoconto di un'intervista alla segretaria generale Camusso sul sito della CGIL lo scorso 11 agosto.

In una nota del 16 agosto, il segretario generale della UILPA, che rappresenta i dipendenti dello Stato, degli Enti Pubblici e quelli di Università e Ricerca, Nicola Turco, ha dichiarato che «per il rinnovo dei contratti nel Pubblico Impiego sono necessarie risorse certe. 7 miliardi sono il minimo per restituire dignità e professionalità ai lavoratori, dopo sette anni ci vuole rispetto!»

Così, in meno di una settimana siamo passati dai 2,5 miliardi della CGIL ai 7 della UIL. In mezzo, il report dell'Istat che ha verificato che il Prodotto Interno Lordo dell'Italia, nell'ultimo trimestre, non è cresciuto, facendo prevedere per fine anno una crescita dello 0,6% che è la metà dell'ultima ottimistica previsione fatta dal Governo.

Ma se vengono a mancare più della metà delle risorse ipotizzate nel bilancio di previsione dello scorso anno, come potrà il Governo mantenere gli impegni presi sia con gli italiani che con la Commissione UE? E la situazione di Renzi e Padoan appare ancor più critica in funzione di queste nuove richieste sindacali che non fanno altro che anticipare ciò che attende l'esecutivo a settembre.

Ricordando  la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso anno sull’illegittimità del blocco della contrattazione che ne escluse la retroattività al fine di evitare una voragine nel bilancio dello Stato, il segretario della UILPA fa presente che nel periodo 2010-2015 i dipendenti della PA hanno dovuto rinunciare ad aumenti che sono stati quantificati dall'Avvocatura generale dello Stato in ben 35 miliardi di euro, seppur sovrastimati del 50% considerando tasse e contributi previdenziali.

Secondo Nicola Turco  «il costo di un rinnovo triennale dei contratti si attesta – a regime – intorno ai 7 miliardi di euro ed è quindi questa la cifra che il Governo deve mettere sul piatto della bilancia,  diversamente sarebbe ragionare sul nulla.»

Come trovare le risorse? È necessario «agire sulla politica dei bonus, sulle consulenze esterne nella P.A., sulla reinternalizzazione dei servizi, sul sistema degli appalti e degli acquisti e restituire anche  ai lavoratori il frutto del lavoro compiuto con la lotta all’evasione fiscale. Con tali azioni, raggiungere la cifra di 7 miliardi di euro a regime sarebbe un gioco da ragazzi...»

E che il PIL non sia o possa diventare la scusa per posticipare a data da destinarsi, anche per quest'anno, il rinnovo dei contratti, non è un'ipotesi da prendere in considerazione perché renderebbe «inevitabile l’apertura di un grave conflitto

Quindi, oltre ai problemi del referendum costituzionale, delle banche, del PIL, delle clausole di salvaguardia, del rapporto con l'Europa, senza dimenticare quelli interni al partito, per Matteo Renzi si materializza un'alra gatta da pelare che si aggiunge a quelle non certo secondarie che dovrà affrontare a partire da settembre. Sinceri auguri!