Restano ancora dei punti oscuri nel delitto Matteotti, il giornalista antifascista, membro del parlamento e segretario del Partito Socialista Unitario (nato dalla scissione all'interno del Partito Socialista), ucciso il 10 giugno del 1924 ed il cui cadavere fu rinvenuto a distanza di poco più di due mesi.

La ferrea quanto tardiva opposizione al regime di Mussolini, perpetrata in ogni sede possibile da Matteotti, ne decretò la condanna a morte: il 10 giugno del 1924, Matteotti fu rapito ed ucciso da una squadra fascista, capeggiata da Amerigo Dumini; e molto probabilmente l'ordine arrivò direttamente dal futuro duce.

I SOLITI INCIUCI TRA MAZZETTE E CORRUZIONE

Quando scoppiò il caso "Mani Pulite" l'Italia sembrò svegliarsi all'improvviso, come se scoprisse per la prima volta il marciume che sottende ai rapporti economici, quando necessitano di un appoggio politico.

Neppure il Re d'Italia e Mussolini avevano le Mani Pulite: sembra che Matteotti avesse raccolto prove inconfutabili, non solo sulle elezioni viziate (che furono per tanto tempo indicate come il motivo principe della sua uccisione), ma anche sulle tangenti pagate dalla compagnia petrolifera Sinclair Oil per ottenere le concessioni di sfruttamento in Sicilia - per la Sinclair territorio stratigico, visti i numerosi interessi in Libia.

UCCISO PRIMA CHE POTESSE PARLARE

Proprio il 10 giugno - giorno del suo rapimento e della sua morte - Matteotti avrebbe dovuto rendere pubblici in Parlamento i risultati della sua inchiesta.

Tra i personaggi principali coinvolti, figurava anche il nome del fratello di Mussolini, Arnaldo. 

La notizia della sua scomparsa portò all'immediata conclusione che fosse stato ucciso: il regime inscenò delle indagini farsa, giusto per salvare la faccia di Mussolini e del Re, ma i magistrati - integerrimi - che ebbero il primo incarico nelle indagini, furono prontamente allontanati, chi trasferito, chi posto forzatamente ed in anticipo in pensione.

SAPEVA CHE SAREBBE MORTO

Matteotti compì un percorso per certi versi straordinario, innanzitutto di presa di coscienza. Non si dissociò dalle responsabilità della sinistra che - con il proprio attegiamento - favorì l'ascesa del regime fascista.

A questo propositò, Matteotti affermò: " Il nemico è attualmente uno solo, il fascismo. Complice involontario del fascismo è il comunismo. La violenza e la dittatura predicata dall'uno, diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e della dittatura in atto dell'altro."

Sembra proprio di vederli, i politici di oggi, che traggono insegnamento da questo atto di civiltà politica e sociale; stranamente, dopo ogni tornata elettorale, sono tutti vincitori, ed ogni volta che qualcuno di loro viene "pizzicato" con le mani nel sacco - a parte i casi eclatanti che non possono essere sottaciuti - tutto a poco a poco scivola nel dimenticatoio.....(che fine hanno fatto le case di D'Alema in pieno centro di Roma ad affitti risibili, o gli 80 curriculum di raccomandati inviati dal padre di Alfano ad un faccendiere compiacente per assunzioni alle Poste?....).

Di Matteotti resta - e non solo nei libri di storia - una onestà intellettuale che ancora oggi ci redarguisce.

« [...] Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. [...] L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. [...] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà... [...] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse. » - affermò contestando le elezioni;

« Innanzitutto è necessario prendere, rispetto alla Dittatura fascista, un atteggiamento diverso da quello tenuto fino qui; la nostra resistenza al regime dell'arbitrio dev'essere più attiva, non bisogna cedere su nessun punto, non abbandonare nessuna posizione senza le più decise, le più alte proteste. Tutti i diritti cittadini devono essere rivendicati; lo stesso codice riconosce la legittima difesa. Nessuno può lusingarsi che il fascismo dominante deponga le armi e restituisca spontaneamente all'Italia un regime di legalità e libertà, (...) Perciò un Partito di classe e di netta opposizione non può accogliere che quelli i quali siano decisi a una resistenza senza limite, con disciplina ferma, tutta diretta ad un fine, la libertà del popolo italiano."», così parlava ai suoi compagni di partito;

« Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai » ebbe il coraggio di dire in Parlamento, proprio sul viso di Mussolini.

Sapeva di dover morire, ma non ha avuto cedimenti. In tanto marciume, in questa Italia (etta) mi sento onorata di poter ricordare i tanti Mattotti, Falcone, Borsellino che lottano. Fino alla fine.