Donald Trump, martedì, ha improvvisamente licenziato il direttore dell'FBI James Comey, nominato da Barack Obama nel 2013 con un incarico decennale che sarebbe pertanto scaduto nel 2023.

La motivazione ufficiale per cui Trump ha licenziato Comey è dovuta al fatto che abbia fornito ai membri del Congresso delle informazioni errate sul numero di email relative al caso Clinton, su cui l'FBI stava indagando: non erano centinaia di migliaia, ma solo un numero abbastanza limitato.

Facciamo qualche passo indietro per inquadrare correttamente i fatti. Durante la fase finale della campagna elettorale dello scorso anno, James Comey annuncia che l'FBI avrebbe riaperto l'inchiesta sulla gestione della propria posta elettronica da parte di Hillary Clinton che, mentre era segretario di Stato, avrebbe inviato delle email relative alla sua attività istituzionale utilizzando server di posta pubblici, con il rischio di divulgare in tal modo informazioni sensibili che avrebbero potuto danneggiare la sicurezza nazionale.

L'inchiesta era stata riaperta perché sul computer di Anthony Weiner, membro del congresso finito sotto inchiesta, erano stato trovate delle email della Clinton. Weiner era il marito di Huma Abedin, assistente della Clinton. In quell'occasione, Donald Trump si congratulò con James Comey per riaver aperto il caso. Decisione non certo accolta con soddisfazione da Hillary Clinton e dal partito Democratico.

Adesso, invece, proprio per quella stessa inchiesta, Donald Trump ha licenziato in tronco James Comey! La causa, come sopra ricordato, perché le email trovate nel computer di Weiner non erano così tante ma solo un piccolo numero.

Ma questo può essere un motivo sufficiente e, soprattutto, credibile? Non lo pensa nessuno, neppure alcuni senatori repubblicani che si dicono perplessi sull'accaduto e di non essere per niente convinti dalle giustificazioni addotte dal presidente.

Donald Trump, nei suoi tre mesi e mezzo di presidenza, ha dimostrato di non aver ancora compreso il suo ruolo istituzionale, credendo di poter agire come quando era alla testa delle sue aziende: lui dava ordini e questi venivano eseguiti, alla lettera. Così, nei primi giorni da presidente, si è sorpreso del fatto che dei giudici potessero annullare i suoi divieti perché in contrasto con alcune norme costituzionali, licenziando Sally Yates, capo del Dipartimento di Giustizia, perché si era rifiutata di difendere i decreti di Trump.

In pratica, Donald Trump non ha alcuna cognizione del fatto che un presidente deve sottostare alle regole di bilanciamento tra potere legislativo e di quello esecutivo che regolano la vita istituzionale di qualunque Stato che voglia definirsi democratico, compresi gli Stati Uniti.

Ma a rendere preoccupante la vicenda Comey è anche il fatto che l'FBI stava anche indagando sui rapporti tra Donald Trump e Putin e sulla possibilità che i russi siano i responsabili dell'hackeraggio e della diffusione di email e documenti relativi allo staff elettorale della Clinton, allo scopo di danneggiarne la corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Anche a seguito della diffusione dei contenuti di tali email, secondo molti osservatori, sarebbe derivata la sconfitta della Clinton.

Adesso negli USA si è aperto un dibattito sulla possibile tenuta dell'impianto democratico dello Stato e sull'affidabilità di Trump alla guida della nazione.

Mentre il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, che si trova a Washington dopo aver incontrato il presidente Donald Trump e il segretario di Stato Rex Tillerson, negava qualsiasi interferenza del proprio paese nelle elezioni presidenziali del novembre scorso, definendo umiliante per il popolo americano dover sentire che la Russia stia controllando la politica degli Stati Uniti, tre funzionari statunitensi - che hanno voluto mantenere l'anonimato - hanno dichiarato che il direttore dell'FBI James Comey, prima di essere licenziato, aveva chiesto al Dipartimento di Giustizia ulteriori fondi per l'indagine sull'atto di pirateria informatica nei confronti della Clinton, di cui i russi sono sospettati essere gli autori.

Secondo quanto riportano alcune agenzie di stampa, i funzionari affermano che la richiesta sia stata fatta direttamente a Rod Rosenstein, vice capo del Dipartimento di Giustizia, che a sua volta, in una nota, dichiara che i fondi fossero invece destinati esclusivamente all'inchiesta sulle email inviate dalla Clinton quando era Segretario di Stato.