Il 19 ottobre 2015, il Tribunale di Roma con un'ordinanza del gip Giovanni Giorgianni aveva deciso di chiudere il caso che riguardava la vicenda di Emanuela Orlandi, archiviando l'inchiesta che vedeva indagate sei persone. All'inizio del 2016 fu presentato, da parte della famiglia, il ricorso per Cassazione affinché la vicenda sulla scomparsa di Emanuela Orlandi non si concludesse senza poterne conoscere la verità.

Ieri, la sesta sezione penale della Cassazione ha emesso la propria sentenza, bocciando il ricorso presentato dall'avvocato Pietro Sarrocco per conto di Maria Orlandi, mamma di Emanuela.

La risposta della famiglia alla sentenza è arrivata questa mattina con le parole di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che anche senza il supporto delle istituzioni ha detto che continuerà la ricerca per conoscere la verità sulla sorte della sorella, e dell'avvocato Sarrocco che ha ipotizzato il ricorso alla Corte di Strasburgo in base al fatto che lo Stato, sul caso Orlandi, non avrebbe svolto indagini complete ed esaurienti, ledendo così il diritto della famiglia a conoscere la verità.

Il caso di Emanuela Orlandi ha inizio il 22 giugno 1983, data in cui scomparve all'età di 15 anni. Emanuela Orlandi era (anche se non è ancora conosciuta la sua sorte) una cittadina dello Stato Vaticano, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia.

L'inchiesta sulla sua scomparsa ha coinvolto, oltre all'Italia, il Vaticano, la Banda della Magliana, la vicenda del Banco Ambrosiano, un'organizzazione terroristica turca e i servizi segreti di vari paesi.

Un'intrigo di vicende tra loro collegate dove, in base a testimonianze e prove per lo più labili, periodicamente saltava fuori il nome di Emanuela Orlandi, ostaggio o pedina di scambio di un intrigo internazionale che la vedeva coinvolta casualmente a causa della sua cittadinanza.

Dopo due settimane dal suo rapimento, il caso Orlandi diventa un caso internazionale perché una serie di telefonate la indicano come ostaggio per la liberazione di Ali Agca, l'uomo che aveva attentato alla vita di Giovanni Paolo II, poi successivamente arrestato e condannato.

Nel corso degli anni, si ipotizzano ulteriori piste, dal caso IOR, Calvi fino a quelle riguardanti la pedofilia e la tratta di schiave.

La più interessante o la più inquietante, dipende dal punto di vista,  è quella relativa al coinvolgimento della Banda della Magliana, che inizò nel luglio del 2005 con una telefonata giunta alla redazione del programma di Rai 3 Chi l'ha visto? Nella telefonata, un uomo, che non aveva voluto dare le proprie generalità, diceva che per risolvere il caso di Emanuela Orlandi bisognava andare nella basilica di Sant'Apollinare per vedere chi vi fosse sepolto e controllare «del favore che Renatino fece al cardinal Poletti».

Ed effettivamente, nella basilica vi era la tomba di Renato De Pedis, la cui sepoltura in quel luogo era stata concessa con il benestare del cardinale Ugo Poletti. Perché uno dei capi di una delle più importanti e cruente organizzazioni  malavitose italiane sia stato sepolto in una basilica è ancora un mistero, ma da quel giorno la Banda della Magliana è entrata prepotentemente nella vicenda Orlandi, senza che, però, nulla di concreto  ne venisse fuori.

Adesso, al di là dell'impegno della famiglia, la vicenda Orlandi quasi sicuramente rimarrà uno dei tanti misteri che hanno segnato la storia dell'Italia.