Negli ultimi allenamenti, sulla base dei cronometraggi effettuati dal suo allenatore Sandro Donati, Alex Schwazer è in grado di sostenere nella sua specialità, la 50 km. di marcia, dei tempi che solo un paio di altri atleti, in tutto il mondo, riescono a fare... in gara!

Però Alex Schwazer non potrà andare alle Olimpiadi di Rio 2016. Glielo impedisce la IAAF, l'Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica che regola, a livello mondiale, le competizioni e le attività degli atleti.

Alcune settimane fa, improvvisamente la IAAF ha reso noto che Schwazer era stato trovato positivo ad un controllo antidoping. Positività confermata anche in una successiva controanalisi. Da qui la decisione dell'esclusione dai Giochi, comunicata all'atleta alcuni giorni fa.

Tutto normale? A prima vista parrebbe di sì. Un atleta che è stato trovato positivo prima di partecipare alle Olimpiadi di Londra 2012, colpa confessata dallo stesso Schwazer, perché non dovrebbe esserlo anche per quelle del 2016? L'opinione pubblica, leggendo un titolo o ascoltando distrattamente il lancio della notizia, è portata a pensarlo, definendosi dispiaciuta o scandalizzata per quanto accaduto.


Ma se non ci si ferma ai titoli, molti sono i dubbi e le domande che non trovano risposta in questa vicenda che interessa sempre di meno lo sport e sempre di più la cronaca. Questo è quanto è emerso ieri in una conferenza stampa tenuta da Alex Schwazer insieme al suo legale, Gerhard Brandstätter, ed al suo allenatore, Sandro Donati.

Quali sono i punti oscuri della vicenda? La IAAF ha trovato positivo il campione di urina di Schwazer in una seconda analisi avvenuta 5 mesi dopo la prima, effettuata a gennaio, e che aveva dato risultato negativo.

La provetta con il campione di urina, invece di essere anonima, era contrassegnata con la località di residenza di Schwazer. Fatto curioso e molto strano visto che, non risiedendo a Roma, l'identità dell'atleta è facilmente identificabile con una semplice ricerca su Google, come ha ricordato l'avvocato Brandstätter.

Inoltre, la IAAF, nonostante le numerose anomalie che hanno contraddistinto il caso, si è rifiutata di effettuare sul campione un'analisi del DNA che potrebbe stabilire se la sostanza dopante sia stata assunta dall'atleta o se sia stata invece inserita nel campione in un secondo momento.

Per quanto riguarda il doping, si tratta di epo, la tipologia e la quantità assunte sono tali da non interferire in alcun modo con le prestazioni di un qualsiasi atleta. Al più, ha ipotizzato Donati, un atleta potrebbe far uso di quella modalità di assunzione come metodo per recuperare più facilmente dopo gli allenamenti e rendere  meno faticosi e più frequenti quelli successivi. Tale pratica, però, dovrebbe richiedere un uso frequente e quasi continuativo del doping. Le analisi fatte dall'inizio dell'anno su Schwazer non hanno mai riscontrato elementi di positività. Sono sempre state negative.

E allora che cosa sarebbe accaduto? Il team di Schwazer è convinto di un complotto con cibo o bevande assunte dall'atleta a sua insaputa o di una manipolazione del campione di urina. Le motivazioni ipotizzate sono quelle di una ritorsione nei confronti di Sandro Donati, vittima di una vicenda simile già molti anni fa, o di un caso di corruzione all'interno della IAAF che avrebbe agito per tutelare gli interessi di alcuni sponsor, i cui atleti verrebbero danneggiati dalla concorrenza di Schwazer a Rio 2016.

Per cercare di partecipare a Rio, anche sub iudice, Schwazer si è rivolto al TAS nella speranza che possa annullare o sospendere, in attesa di ulteriori verifiche, la decisione della IAAF e consentirgli di andare alle prossime Olimpiadi. La sentenza è attesa per questo fine settimana.

Nel frattempo, e ciò conferma che ormai di questa vicenda si può parlare come di un vero e proprio giallo, Sandro Donati è stato sentito, in merito al caso, questa mattina a Roma dalla Commissione Antimafia, senza dimenticare che anche la Procura di Roma si occuperà del caso Schwazer.