«Vorrei un giornale che stimoli la discussione, che metta le opinioni a confronto, che rinunci all’ipocrisia, quella propria e quella universale.»

Così Sergio Staino introduce la nuova Unità che dal 19 settembre lo vedrà impegnato come direttore, sotto la tutela polica di Sergio Romano.

Già questo aspetto lo dovrebbe mettere in guardia dai pensieri alti alti che hanno ispirato i suoi propositi da nuovo direttore: «Vorrei un giornale che si presenti come un amico, come un vicino che conosci e che stimi, come qualcuno che troverai accanto nei momenti più allegri e più difficili. Vorrei un giornale che se qualche "audace" dopo averlo letto lo ripiega e se lo mette in tasca, chi lo vede possa pensare: Ecco una persona perbene, una persona onesta, una persona che lavora per rendere più giusto questo nostro mondo e magari, come succede nel Miracolo a Milano di Zavattini e De Sica, scatti fra i due un sincero buongiorno».

E che cavolo! Ma Staino ha capito o no che l'Unità è un giornale di partito che deve servire alle necessità odierne e future di Renzi? Probabilmente molto limitate nel tempo? E come pensa possibile di fare un giornale, se non bello, almeno decente, con queste premesse?

E che dire poi dello "zampolìt" Sergio Romano, messo come condirettore a fare da filo conduttore con i vertici del partito? Anche lui a parlare di giornale nuovo, originale, bello, che possa distinguersi dal panorama attuale. E questo grazie a nuove firme (come quella di Adriano Sofri!!!) e a rubriche originali, come le strane coppie che il No al referendum ha messo insieme: «Avreste immaginato voi che Travaglio e Brunetta sarebbero mai stati d'accordo?» (sic!)

Questo è il nuovo che si prospetta, insieme al cambiamento del formato cartaceo e ad una ritrovata sinergia tra l'edizione stampata e quella elettronica che tornerà a riprendere l'estensione di dominio .it.

Il miglior successo editoriale che si possa prevedere per un giornale di partito è quello di essere letto dai propri iscritti. Ma rispetto a l'Unità vera, il PD non ha più le sedi e gli iscritti del PCI e, soprattutto, il PD non è neppure un partito di sinistra, che possa rivolgersi a degli irriducibili che trovino sacrosanto mantenere in vita un giornale anche come questione d'onore.

Insomma, anche i nuovi direttori sono morituri immolati alle necessità propagandistiche di Renzi, la cui durata, come quella del giornale, non supererà che di qualche giorno la celebrazione del referendum confermativo sulla nuova Costituzione. Poi, tutti  a casa.