Domenica 22 gennaio, già prima del colloquio telefonico che avrebbe avuto con il presidente degli USA Donald Trump, il primo ministro israeliano Netanyahu aveva anticipato che, d'ora in avanti, Israele non avrà più alcun riguardo nel costruire insediamenti nei territori occupati nel 1967.

L'intento di questa dichiarazione non avrebbe riguardato, sempre secondo le parole di Netanyahu, solo Gerusalemme Est, ma tutto il territorio della Cisgiordania, vale a dire il territorio che dovrebbe costituire, in seguito ad un teorico piano di pace, lo Stato della Palestina.

Martedì 24 gennaio, Israele ha dato seguito a quanto annunciato dal premier ed ha deliberato la costruzione di nuovi insediamenti in tutta la Cisgiordania. In prima battuta sono state approvate 909 unità abitative. A queste ne seguiranno, a breve, altre 1.642.

La suddivisione temporale degli insediamenti, anche in base alle località di destinazione è la seguente: a Givat Ze'ev, 552 case; ad Alfei Menashe, 78; a Beitar Elite, 87; a Ma'ale Adumim, 90; ad Ariel, 63; ad Efrat, 21 e, infine, a Elkana, 18.

Inoltre, il Comitato nazionale per la pianificazione e la costruzione ha già individuato le aree per le restanti 1642 case da edificare: a Ets Efraim, 81; a Givat Ze'ev, 100; a Kokhav Ya'akov, 86; a Har Gillo, 4; a Zufim, 292; a Oranit, 154; ad Ariel, 899; a Sha'arei Tikva, 6 e a Beit El, 20.

Inutile ricordare la recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che ricordava ad Israele il rispetto delle precedenti risoluzioni ONU in merito alla gestione dei territori occupati, come sono da considerare quelli della Cisgiordania.

E proprio in merito a questo, l'Autorità Palestinese ha commentato queste ultimi decisioni come un atto di irrisione, da parte di Israele, nei confronti della comunità internazionale. La stessa Unione Europea, in una dichiarazione ufficiale, ha commentato l'accaduto come atto deplorevole oltre che illegale in base al diritto internazionale.

La perfetta sintonia con Trump, che finora ha dato ampie dimostrazioni di voler supportare in toto qualsiasi richiesta di Israele, ha indotto il governo di destra di Netanyahu a cogliere la palla al balzo e a dare mano libera a provvedimenti che hanno origine soprattutto dalla destra ultra che supporta il Governo. 

Destra che viene blandita da Netanyahu, oltre che per il supporto alla sua maggioranza, anche in funzione dei problemi giudiziari che lo vedono coinvolto in qualità di accusato in una vicenda di corruzione da cui, tra breve, sarà costretto a difendersi dopo la conclusione ufficiale dell'inchiesta avvenuta pochi giorni fa.

Come tutto questo possa portare alla ripresa di un dialogo di pace tra Israele e Palestina e come i palestinesi possano essere accusati di non volere sedersi ad un tavolo delle trattative è sempre più incomprensibile.