Il social populista Matteo Renzi, come è giusto che sia in qualsiasi democrazia che si rispetti (l'ironia è volutamente cercata), si è fatto rilasciare un'intervista del  tipo in ginocchio da te dal quotidiano La  Repubblica, organo d'informazione (per l'appunto renziana) posseduto dal compagno De Benedetti.

Nell'intervista, il social populista Renzi esalta ciò che lui ha fatto finora e, come di prassi, assegna al passato tutto ciò che ancora possa essere percepito come negativo. Non solo per quanto riguarda il Governo, ma anche in relazione a ciò che riguarda il partito a cui lui stesso appartiene. E come non credere ad un personaggio come Renzi. Basta vederlo in faccia... non è necessario che parli... è sufficiente solo che accenni ad iniziare un discorso che, subito, chi lo ascolta avrà la sensazione di udire la verità assoluta, il Verbo fatto uomo.

Purtroppo per Renzi, però, il mondo non è fatto di sola Repubblica (intesa come quotidiano). Ad esempio, esiste anche la CGIA di Mestre, perfido esempio di tenacia anti sistema che con i suoi rapporti settimanali tende sempre a riportare alla volgare prosa la poesia che ci viene giornalmente propagandata.

Questa volta la CGIA si occupa della pressione fiscale delle imprese italiane. Nonostante Renzi sia al governo da due anni e nonostante affermi che questa sia stata diminuita, la realtà dice ben altro: "Al netto dei contributi previdenziali, le imprese italiane pagano 98 miliardi di tasse all’anno. Solo le aziende tedesche e quelle francesi, tra i paesi UE, versano in termini assoluti più delle nostre, rispettivamente 131 e 103,6 miliardi di euro, ma va ricordato che la Germania conta una popolazione di 80 milioni di abitanti, la Francia 66 e l’Italia 60".

Sul gettito fiscale totale, il peso della tassazione sulle imprese dell'Italia è pari al 14%, per l'Olanda del 13%, per il Belgio del 12,2%. Per quanto riguarda li altri paesi UE con cui "dovremmo" competere, la  Germania fa segnare l’11,8%, la Spagna il 10,8%, la Francia e il Regno Unito il 10,6%. La media dell'UE è dell’11,4%.

Quindi, come ricorda il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo, nonostante che in Italia "la giustizia civile sia lenta e in molte aree del paese anche poco efficiente, l’eccesso di burocrazia abbia raggiunto livelli difficilmente riscontrabili altrove, la Pubblica amministrazione sia la peggiore pagatrice d’Europa e il deficit logistico-infrastrutturale sia pesantissimo ... gli imprenditori italiani pagano molto di più dei concorrenti europei, ma, per contro, continuano a ricevere servizi di basso livello qualitativo".

Inoltre, è necessario ricordare che l'analisi si basa solo sui dati Eurostat relativi ad Irap, Ires, quota Irpef in capo ai lavoratori autonomi, ritenute su dividendi e interessi e imposte da capital gain.  Va considerato, però, che l’istituto di statistica europeo non considera altre forme di prelievo fiscale come Imu/Tasi, tributo sulla pubblicità, tasse sulle auto pagate dalle imprese, accise, diritti camerali...

Pertanto, è evidente che il risultato del rapporto risulta oltretutto sottostimato.