In un articolo pubblicato sul quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, Andreas Wirsching, docente di storia contemporanea all'università di Monaco, fa un'interessante analisi dello stato attuale delle democrazie occidentali e di quello che potrebbe essere il loro destino nei prossimi anni.

E' innegabile che in alcuni paesi stiamo assistendo al passaggio da regimi almeno parzialmente democratici a vere e proprie dittature. Il caso più recente è quello della Turchia, ma la stessa cosa sta accadendo in Russia, Ungheria e Polonia. Anche le democrazie occidentali subiranno un'analoga involuzione? Il rischio c'è secondo Wirsching.

Precedenti storici non lasciano tranquilli. Il pericolo maggiore per un regime democratico è l'insorgere di gruppi estremisti, che prima lottano fra loro, ma alla fine attaccano la democrazia.

E' quello che è successo negli anni fra le due guerre mondiali, che hanno visto fronteggiarsi comunisti e nazionalisti in un'atmosfera di guerra civile latente, che ha tolto spazio vitale ai democratici. La situazione si è aggravata, quando partiti di destra, fino a quel momento mantenutisi entro le regole del gioco democratico, hanno ceduto alla tentazione di allearsi con uno dei gruppi estremisti per accrescere il loro potere.

Non è stato un caso che la Francia, madre delle democrazie europee, non abbia quasi opposto resistenza all'invasione delle truppe di Hitler. All'inizio della seconda guerra mondiale, la Francia era un paese profondamente diviso sul piano ideologico, ai limiti della paralisi.

Nel dopoguerra le democrazie occidentali non hanno sofferto grossi conflitti interni, grazie anche alla logica della guerra fredda. Non sono mancati movimenti radicali, ma i regimi democratici non sono mai stati veramente in pericolo. Si trattava sempre di formazioni che non hanno mai goduto di un grande consenso popolare e che hanno sempre agito nel rispetto dei principi costituzionali, come i partiti comunisti dell'occidente.

Ma, a partire dagli anni 80, le società occidentali sono cambiate sotto l'influsso della globalizzazione e, con il fenomeno dei migranti, si sono trasformate in società multiculturali. Oggi nell'Unione Europea ci sono 15 milioni di musulmani.

I cambiamenti generano insicurezza. Cresce il pericolo degli estremismi, che storicamente si affermano quando si vengono a creare tre condizioni fondamentali: il formarsi di nuove identità; le identità già esistenti che si sentono minacciate dal cambiamento del contesto culturale; crisi economiche che mettono a rischio lo status sociale.

E' quanto sta accadendo, in modo sempre più marcato, nella nostra società. Nell'islamismo radicale è in corso un processo di costruzione identitaria, che si fonda su un'ideologia religiosa e anti-occidentale, spesso violenta, e divide il mondo fra amici e nemici.

L'islamismo radicale rappresenta una grossa sfida per le democrazie occidentali ed è ancor più pericoloso, perché alimenta ulteriore insicurezza identitaria.

Confusione culturale, incertezza della propria posizione sociale e paura di perdere quello che uno ha portano al rifiuto dei migranti. Nascono così i movimenti populisti, che hanno un unico punto di riferimento, un unico "nemico" contro cui mobilizzarsi ed esercitare la violenza. E' molto più semplice che confrontarsi con i poteri "diffusi" di una società complessa, siano essi il capitalismo finanziario, l'euro, la globalizzazione o il libero mercato. E il nemico è lo straniero.

Le democrazie occidentali si trovano a fronteggiare una situazione nuova, in cui, oltre a gestire l'immigrazione e a difendersi dalle minacce del terrorismo, devono guardarsi anche dall'odio di coloro per i quali questi due fenomeni sono, in realtà, la stessa cosa.

I movimenti populisti continueranno ad alimentare l'odio per lo straniero, con l'obiettivo di incrementare il consenso popolare, e ad accusare la democrazia di essere corrotta, di aver tradito il popolo e di non essere in grado di combattere il nemico.

Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, le democrazie sono davanti a due parti in conflitto. Al momento in molti la considerano solo una questione propagandistica, ma, in realtà, si vedono già i suoi effetti delegittimanti all'interno dei seggi elettorali.

La situazione è particolarmente grave in Francia, dove su una base sostanzialmente democratica si sono venute formando società parallele, dove si parla di integrazione mancata, dove aumentano gli atti di terrorismo, dove cresce la paura e una persona su tre vota per il Fronte Nazionale.

Invece di un'era di democrazia globale che sembrava essersi definitivamente affermata dopo la caduta del muro di Berlino, ci troviamo di fronte a democrazie occidentali in pericolo nell'era della globalizzazione.

Cosa fare? La storia insegna che in una situazione radicalizzata vince sempre chi è più radicale. Pertanto, lo sbaglio più grosso da parte delle forze democratiche sarebbe quello di prendere degli argomenti e dei concetti estremisti e riproporli in forma moderata, a scopi puramente elettorali. E' necessario, invece, presentarsi in modo chiaro come la vera alternativa democratica e costituzionale.

Anche i media democratici devono fare la loro parte e non lasciarsi indurre a discutere con i nemici della democrazia, di cercare di capire le loro ragioni. Lo storia dimostra che i nemici della democrazia sono tali anche perché si nascondono dietro un rifiuto della realtà e, prigionieri come sono di un'immagine del mondo che conosce solo amici e nemici, si sottraggono ad ogni argomentazione razionale.

Non è rimasto molto tempo. In tempi di radicalizzazione e incertezza, è ancor più importante che i governi e gli apparati giudiziari dei paesi democratici dimostrino di rispettare la legalità. Bisogna evitare di costruirsi dei nemici ed è necessario riconoscere che la democrazia non consente risposte semplici ma rappresenta la forma di libertà costituzionalmente garantita. L'unica che conosciamo.