Occupandosi di bimbi, Save the Children non poteva non occuparsi anche di maternità e lo fa elencando, nella ricerca "Le equilibriste: la maternità tra ostacoli e visioni di futuro", le problematiche che le donne italiane che vogliono diventare madri devono affrontare.

In Italia, oggi, l’età media di una donna al momento del parto è di 31,7 anni. Una volta divenute madri, le italiane sono spesso costrette a rinunciare al lavoro e al tempo libero a causa degli impegni familiari - con l’Italia che occupa il penultimo posto per tasso di occupazione femminile nell’UE a 28 Paesi - e di un welfare che, nonostante tutto, non supporta le donne che decidono di mettere al mondo un bambino.

Questa situazione non è omogenea. Dalla ricerca, infatti, emerge come ci siano degli squilibri tra Nord e Sud, con le regioni settentrionali più virtuose rispetto a quelle meridionali.

Il Trentino-Alto Adige (1°) si conferma la regione “mother friendly” per eccellenza, seguita da Valle d’Aosta (2ª), Emilia-Romagna (3ª), Lombardia (4ª) e Piemonte (5°). È la Sicilia (20ª) a registrare la performance peggiore a livello nazionale, preceduta da Calabria (19ª), Puglia (18ª), Campania (17ª) e Basilicata (16ª).

In merito ai risultati della ricerca questo è quanto ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children: «La condizione delle madri in Italia è ancora critica. Il divario tra Nord e Sud è drammatico e inaccettabile. Ed in ogni caso, anche nelle regioni del Nord, siamo ancora lontani da un modello virtuoso che renda la maternità una risorsa piuttosto che un impedimento.
Serve un impegno collettivo delle istituzioni e di tutti i soggetti coinvolti per permettere alle mamme di vivere la gioia della maternità senza rinunciare alla propria vita professionale e sociale.»

Dalla ricerca emerge come l’occupazione femminile rappresenti ancora una criticità. Le disparità salariali, i part-time, le riduzioni dell’orario di lavoro, i contratti precari sono spesso le situazioni alle quali le donne devono adattarsi per non perdere il proprio posto di lavoro.

In questo quadro, la conseguenza più diretta è un abbassamento del livello di qualità della vita che spesso pregiudica scelte familiari e riproduttive, senza dimenticare che rispetto agli uomini, in Italia le donne vengono pagate meno, anche svolgendo le stesse identiche mansioni.

L’Italia si colloca alla 27.a posizione sui 28 paesi dell'Unione, seguita solo dalla Grecia per quanto riguarda l’occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni. A livello mondiale, sul divario di genere, il nostro Paese si posiziona al 50° posto complessivo tra i 144 paesi presi in esame.

Inoltre, in Italia molte donne, spesso sole anche a causa dell’aumento dei divorzi e delle separazioni, si trovano a dover sopperire ad un welfare carente e a doversi occupare di genitori anziani e di figli piccoli in un’età sempre più adulta, tanto che sono circa 8 milioni le madri tra i 25 e i 64 anni che convivono con figli under 15 o tra i 16 e i 25 anni ancora economicamente dipendenti.

Ancora Raffaella Milano: «Gli interventi a sostegno della maternità, della natalità, sia inerenti al welfare che ad altri strumenti di conciliazione, sono fondamentali per dare modo alle donne di bilanciare la vita privata e familiare con quella lavorativa.

Un equilibrio che purtroppo, in Italia sembra ancora un lontano traguardo. Congedi parentali ai padri, lavoro agile, accessi al nido e ad altri servizi di assistenza all’infanzia, sono supporti essenziali per le famiglie. Alcuni Paesi europei, come Svezia e Finlandia, prevedono quote di congedo parentale riservate esclusivamente alle madri e ai padri, che devono essere utilizzate obbligatoriamente, pena la perdita del diritto. Quando questi congedi vengono attribuiti direttamente ai papà e non alla famiglia, come invece avviene in Austria o in Polonia, si è visto come gli uomini ne usufruiscano in quota maggiore.»

Per quanto riguarda il dato dei soli asili pubblici in Italia è preoccupante, la media nazionale è solo del 12,9%. Negli ultimi anni, nel nostro Paese sono state approvate leggi a sostegno delle famiglie, che mirano a combattere le difficoltà anche economiche di chi decide di mettere al mondo un figlio. Tuttavia, il più delle volte si tratta di bonus e misure una tantum che non rafforzano la rete strutturale dei servizi.

È necessario anche sostenere il rafforzamento delle competenze femminili, intervenendo sul divario di genere ancora presente nei percorsi educativi e scolastici, per quanto riguarda in particolare le materie scientifiche, incentivando il lavoro di cura dei padri e rafforzando il sistema di tutela delle lavoratrici attraverso strumenti di conciliazione, quali flessibilità degli orari e lavoro agile. A tal fine è necessario introdurre un sistema di certificazione (family audit) per valutare le politiche aziendali, premiando con incentivi fiscali quelle che più di altre favoriscano la conciliazione tra famiglia e lavoro.