Nel settore dell'autotrasporto, dall’inizio della crisi (2009) a oggi si contano quasi 21.000 attività in meno (secondo la banca dati di Infocamere-Movimprese ). Ciò ha causato un calo dell'occupazione per almeno 70.000 addetti.

Per questo, sabato 18 marzo, si è svolta la "protesta dei tir", con carovane di camion che hanno percorso strade e circonvallazioni delle principali città italiane per portare all'attenzione dell'opinione pubblica, ma soprattutto delle istituzioni, i problemi che affliggono il trasporto su strada che, assieme alle costruzioni, ha subito i contraccolpi più negativi delle difficoltà economiche in cui vive il paese.

Questi i fattori individuati come problematici: il crollo della domanda, gli alti costi di esercizio, la concorrenza sleale praticata dai vettori stranieri e i pagamenti sempre più dilatati nel tempo. Da sabato, pertanto, i lavoratori hanno fatto scattare lo stato di agitazione della categoria.

Per capire l'impatto dell'autotrasporto sull'economia italiana, questi sono i numeri del settore, costituito in massima parte da micro imprese, in base agli ultimi dati disponibili (riferiti al 2014): 43 miliardi di euro di fatturato, 300.000 addetti di cui 76.000 circa sono titolari e/o soci d’azienda e poco più di 221.000 sono i dipendenti.

In base a quanto afferma la CGIA, le 84.500 imprese del settore distribuiscono l’85,4 per cento delle merci che viaggiano in Italia, contro una media dell’Ue a 28 di 10 punti inferiore. E a queste 84.500 realtà presenti sul territorio vanno aggiunte almeno altre 40.000 imprese prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente attività di intermediazione avvalendosi sempre più spesso di vettori stranieri.

In merito al problema, queste le dichiarazioni del coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, Paolo Zabeo: «Abbiamo i costi di esercizio più elevati d’Europa a causa di troppe tasse e di un deficit infrastrutturale che costa all’intero sistema economico oltre 40 miliardi di euro l’anno.

Senza contare che il settore è costretto a sostenere delle spese ingiustificate per la copertura assicurativa degli automezzi, per l’acquisto del gasolio e per i pedaggi autostradali.

Tutto ciò si è tradotto in un dumping molto pericoloso, in particolar modo per le aziende ubicate nelle aree di confine che subiscono la concorrenza proveniente dai vettori dell’Est Europa.

Pur di lavorare, sempre più frequentemente i nostri viaggiano sottocosto con tariffe che mediamente si aggirano attorno a 1,10-1,20 euro al chilometro, mentre i trasportatori dell’Est - spesso in violazione delle norme sui tempi di guida, delle disposizioni sul cabotaggio e con costi fissi molto inferiori - corrono a 80-90 centesimi.

È evidente che con questa disparità di prezzo molti autotrasportatori italiani sono stati costretti a gettare la spugna.»

Infine, anche considerando l'incidenza della concorrenza degli autotrasportatori dell'est, guardando i dati riassuntivi riportati nella tabella che indica una costante ed inesorabile diminuzione delle imprese a cui dobbiamo aggiungere l'alta incidenza del trasporto su gomma delle merci in Italia, questi dimostrano che, al di là delle tante e continue dichiarazioni sulla ripresa, l'economia italiana versa ancora in una situazione critica, se non disastrosa. Ed i problemi di questa categoria non potranno essere risolti finché la domanda interna non ripartirà concretamente.