«Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima». Lo affermano Michele Emiliano, Enrico Rossi, Roberto Speranza.(ANSA).

Nel suo intervento di ieri all'Assemblea Nazionale PD, Michele Emiliano aveva provato a smussare i toni della polemica, rivolgendosi a Renzi e ai renziani in termini più che accomodanti, quasi in tono remissivo, chiedendo che il Congresso del partito si celebrasse in tempi più lunghi e che venisse anticipato da una "conferenza programmatica".

Tanto era stato remissivo e accomodante, che nell'intervento successivo il renziano Giacomelli era stato sferzante ed irridente nei suoi confronti, definendo l'Emiliano di domenica come il sosia dell'Emiliano di sabato!

Alla fine dell'assemblea, non c'è stata alcuna risposta alla richiesta di Emiliano e della minoranza del PD. Non solo, rispetto alla consuetudine, nella riunione che si è svolata all'Hotel Parco dei Principi, Matteo Renzi non ha neppure pronunciato un discorso di chiusura dove in genere il segretario, anche se dimissionario, fa la sintesi della giornata  rispondendo alle questioni sollevate durante i vari interventi. Ma così non è stato.

Come conseguenza di ciò, la dichiarazione congiunta pubblicata di Emiliano, Rossi e Speranza pubblicata sul sito dell'Ansa dopo la chiusura dell'Assemblea Nazionale. E tanto per sottolineare il clima con cui Renzi e renziani hanno accolto chi non la pensava come loro, la foto riportata ad inizio articolo e postata - oltre che editata - da Miche Emiliano nel proprio profilo facebook. Le facce di Renzi ed Orfini in primo piano valgono più di mille parole.

Che cosa accadrà adesso? Prima di tutto non è consentito assegnare la responsabilità della scissione a Matteo Renzi e ai renziani e neppure alla minoranza del partito, ognuno indica l'altro come aretefice. Poi, non resta che attendere l'ufficialità di quanto è stato anticipato. È prevista una conferenza stampa della minoranza, mentre Enrico Rossi ha già annunciato l'intenzione di creare un nuovo soggetto politico, oltre che di rispedire al circolo di appartenenza la propria tessera.

Per quanto riguarda l'appoggio al Governo dei parlamentari PD riferibili alla minoranza, una trentina in tutto, non dovrebbero costituire un problema per Gentiloni, visto che tra le condizioni per rimanere nel partito vi era anche quella che Renzi si pronunciasse per un appoggio al governo perché fosse garantito il suo percorso fino a fine legislatura.

Per quanto riguarda il PD, il Congresso verrà concluso - pare - entro maggio, mentre le elezioni plitiche, Gentiloni o non Gentiloni, sarebbero poi previste per settembre. In ogni caso, la direzione del PD che si svolgerà martedì 21 febbraio fornirà tutti i chiarimenti del caso, almeno per quanto riguarda il primo punto.

Rimenendo così le cose, a sfidare Renzi per la riconferma a segretario del partito non rimarrebbe nessuno, almeno adesso. Sullo sfondo sembra però concretizzarsi sempre di più la possibilità che il ministro della Giustizia Orlando decida di sfidarlo.

Orlando proviene dalla corrente dei giovani turchi di Matteo Orfini, ma ha sempre mantenuto una certa distanza sia dalla propria area di riferimento che dallo stesso governo, pur condividendone il percorso. Per Renzi, Orlando non sarebbe un candidato di comodo e, paradossalmente, costituirebbe per la sua riconferma un pericolo maggiore di quello rappresentato da Emiliano, Rossi e Speranza.