In un incontro tenutosi ad Ankara il 23 agosto, il presidente turco Tayyip Erdogan ha ribadito anche al segretario di Stato americano James Mattis quello che ormai sta assumendo la forma di un mantra: la Turchia si opporrà a qualsiasi soluzione che possa consentire di unificare il nord della Siria trasformandolo in uno Stato curdo.

Inoltre, durnte il colloquio, Erdogan ha rinfacciato agli USA il sostegno militare dato al gruppo armato curdo YPG, che i turchi considerano un gruppo terrorista.

Sorvolando però su questo aspetto, dato che sono proprio i curdi dell'YPG a guidare sul terreno l'offensiva contro l'ultima roccaforte dell'Isis a Raqqa, Mattis ha però convenuto con Erdogan sulla necessità di mantenere l'attuale integrità territoriale della Siria e dell'Iraq, facendo così riferimento anche al referendum di settembre promosso dai curdi per chiedere l'independenza nel nord dell'Iraq.

Turchia e Stati Uniti hanno reso noto di aver espresso preoccupazioni per il referendum, confermando anche di essersi adoperati nei confronti del leader curdo iracheno Massoud Barzani per annullarlo.

La nuova bomba ad orologeria che avrà come innesco la questione dei curdi che occupano il nord della Siria e dell'Iraq si fa sempre più reale ogni giorno che passa, dato che per l'Isis diventa sempre più insostenibile la difesa di Raqqa.

Una situazione, quella della città nel nord della Siria, tanto drammatica quanto lo è stata la situazione a Mosul. Nelle ultime ore, i caccia della coalizione, sotto la guida degli Usa avrebbero ucciso 78 civili, 167 negli ultimi 10 giorni, e tra questi 59 erano minori.

La popolazione civile di Raqqa, sia a causa delle bombe che delle minacce di jihadisti che pensano di farsene scudo, oltre a vivere in costante pericolo di vita, deve anche affrontare la carenza di prodotti di prima necessità, essenziali alla sopravvivenza come acqua, cibo e medicinali.