Alla fine, la domanda è sempre la stessa. Di chi è la colpa? E riguarda la crisi della Grecia. Una crisi ormai infinita che la troika, ormai va chiamata di nuovo in questo modo, continua a voler gestire con la modalità del rigore. Dopo aver imposto a  Tsipras una retromarcia completa sul programma che lo aveva portato a capo dell'esecutivo ed un nuovo piano di lacrime e sangue in cambio della liquidità che consentisse al paese di continuare a funzionare (perché fallita, la Grecia è già fallita da tempo), la troika non sembra soddisfatta dei risultati finora conseguiti e la Grecia continua ad essere un problema.

La settimana scorsa, nell'ultima riunione dell'Eurogruppo, la Grecia puntava a rivendere ai propri creditori il dato dell'avanzo primario pari allo 0,7% come prova dell'inversione di tendenza del trend economico del paese, sperando in un allentamento delle loro richieste.

L'analisi del dato, a prima vista positivo, ha però indicato un'altra storia e cioè che l'economia greca è sempre al palo ed il surplus registrato, seppur minimo, è frutto del blocco dei pagamenti dello Stato ai propri creditori e di un aumento delle tasse.

Quindi, la Grecia è di nuovo un problema da risolvere imponendo ad essa nuove misure di garanzia, che potrebbero poi trasformarsi in nuove misure di austerità che il Governo dovrebbe applicare se non venisse raggiunto l'obbiettivo imposto dalla troika: l'avanzo primario del 3,5% nel 2018. In cambio di queste nuove misure, la Grecia potrebbe vedersi tagliare una parte del proprio debito, insieme ad una revisione delle scadenze e dei tassi.

Pertanto, in base alle richieste dell’Eurogruppo del 22 aprile, il Governo di Atene è chiamato a votare entro questa settimana un piano di salvaguardia che preveda tagli e tasse che scatterebbero in modo automatico nel caso in cui gli obbiettivi di bilancio nel 2018 non venissero raggiunti.

A questa richiesta è legato lo sblocco di una nuova tranche di aiuti di 5,7 miliardi di euro che la Grecia aveva pattuito in precedenza. Da ricordare, inoltre, che Atene dovrà rimborsare 3,5 miliardi di euro alla BCE entro il prossimo mese di Luglio.

Che le politiche imposte alla Grecia, al di là delle ulteriori possibili riforme che il paese possa mettere in atto, sembrino irrealistiche è il motivo degli attriti che si sono aperti anche tra gli attori che dovrebbero garantirne i finanziamenti. Infatti, Christine Lagarde vede irrealistici e irraggiungibili i punti del piano di risanamento e minaccia di ritirare l'FMI dal piano di supporto, mentre la Germania continua a credere sulla sua sostebinilità, minacciando a sua volta il ritiro di futuri finanziamenti nel caso l'FMI si tirasse fuori dalla partita.

Se a questo scenario aggiungiamo il giustificato nervosismo del paese ellenico e della base elettorale che ha sostenuto questo Governo  che, di conseguenza, crea fibrillazioni nella maggioranza mettendone a rischio la stabilità, sembra prospettarsi per Atene l'ennesimo scenario da tempesta perfetta, con le forze populiste di estrema destra pronte ad approfittarne.

Ritornando alla domanda iniziale, a questo punto si può dire che l'Europa conferma il proprio fallimento politico, mostrando per l'ennesima volta l'assurdità della sua attuale struttura di Governo, che favorisce solo gli interessi di un numero ristrettissimo di paesi, riducendo ormai ai minimi termini la speranza che l'utopia di un'Europa unita possa effettivamente concretizzarsi.