Ricercatori dell'università dello Staffordshire, in Gran Bretagna, hanno realizzato un sistema di realtà virtuale per consentire a dei giurati in un processo di esaminare la scena del crimine, rimanendo all'interno del tribunale.

Quindi, una tecnologia, quella della realtà virtuale, fino ad oggi utilizzata per i videogiochi, la medicina, e anche il turismo, fa ora il suo debutto sui banchi dei tribunali.

Il progetto, finanziato dalla Commissione Europea con uno stanziamento di 180 mila euro, sembrerebbe essere stato accolto favorevolmente dal sistema giudiziario inglese e la realtà virtuale potrebbe presto far parte dei processi nei tribunali di sua maestà, magari abbreviandone anche la durata

Utilizzando telecamere, fondali verdi e caschi per la realtà virtuale, i ricercatori hanno creato un sistema che letteralmente proietta giudici e giurati sulla scena del delitto, dando agli avvocati la possibilità di illustrarla in ogni più piccolo dettaglio.

Secondo Simon Tweats, della polizia dello Staffordshire, grazie a questa nuova tecnologia i giudici potranno apprezzare meglio i casi al centro del dibattimento e questo non può che essere un fatto positivo, a vantaggio sia dell'accusa che della difesa.

Altri si dimostrano più scettici sull'utilizzo di tecnologie nelle aule di giustizia, temendo che queste possano essere procedure lunghe e laboriose e finiscano per determinare un allungamento dei procedimenti.

Non è la prima volta che la realtà virtuale viene utilizzata per analizzare la scena di un delitto. Nel 2015, la giornalista Nonny de la Peña l'aveva già usata per ricostruire l'uccisione di Trayvon Martin, un ragazzo negro inerme ucciso dai proiettili sparati da un poliziotto volontario, nel febbraio del 2012 in Florida.