La Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha come compito quello di indicare al Papa le iniziative più opportune da intraprendere per proteggere i minori e gli adulti vulnerabili, facendo tutto il possibile per evitare che i crimini commessi non lo siano più in futuro, nella Chiesa.

Giovedì, papa Francesco ha incontrato i membri che compongono tale commissione, costituita in buona parte da laici, comunicandogli le sue riflessioni sul loro compito in un discorso a braccio, il cui testo scritto in lingua spagnola è stato consegnato loro successivamente.

In questo resoconto, il riassunto delle parole dette dal Papa: «La Chiesa è arrivata un po’ tardi, e quando la coscienza arriva tardi, i media risolvono il problema e anche arrivano tardi. Sono consapevole di questa difficoltà, ma è la realtà. Siamo arrivati in ritardo.

Forse l’antica pratica di spostare la gente per fronteggiare il problema ha addormentato un po’ le coscienze. ma grazie a Dio il Signore ha suscitato uomini profeti nella Chiesa.

Per prima cosa è il cardinale - rivolgendosi a O’Malley, a capo della Commissione - che ha coinvolto altri e ha cominciato questo lavoro di far salire il problema alla superficie e vederlo in faccia. Il cardinale ha cominciato a parlare con le parole di Gesù sui bambini.

Lo scandalo dell’abuso sessuale è veramente una tragedia terribile per tutta l’umanità, e che colpisce così tanti bambini, giovani e adulti vulnerabili in tutti i Paesi e in tutte le società.

Anche la Chiesa ha avuto un’esperienza molto dolorosa a causa degli abusi commessi da ministri sacri, che dovrebbero essere i più degni di fiducia. L’abuso sessuale è un peccato orribile, completamente opposto e in contraddizione con quello che Cristo e la Chiesa insegnano.

Ho avuto il privilegio di ascoltare le storie che le vittime e i sopravvissuti degli abusi hanno voluto condividere. In questi incontri hanno condiviso apertamente gli effetti che l’abuso sessuale ha provocato nelle loro vite e nelle loro famiglie.

Per il momento risolvere il problema degli abusi deve essere competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede. Alcuni chiedono che vada direttamente alla Rota e alla Segnatura, al sistema giudiziale della Santa Sede... ma in questo momento il problema è grave, è grave che alcuni non hanno preso coscienza del problema.

Facciamo riferimento alla Dottrina della fede, affinché tutta la Chiesa prenda coscienza del problema. Ma ci sono tanti casi che non avanzano, non vanno avanti: questo è vero. Si sta cercando prendere più gente che lavori nella classificazione dei processi: operai che classificano, studiano i dossier.

Per rispondere alle tante lamentele sulla questione degli abusi su minori da parte del clero è aggiustare la Commissione per i ricorsi, che lavora bene ma deve essere aggiustata un po’ con la presenza di qualche vescovo diocesano che conosca il problema proprio in situ.

A proposito della Commissione presieduta da mons. Scicluna, papa Francesco ha detto che «la maggioranza [di coloro che la compongono] sono canonisti, esaminano se tutto il processo sta bene, e c’è la tentazione degli avvocati di abbassare la pena. Gli avvocati vivono di questo!

Ho deciso di bilanciare un po’ questa Commissione e anche di dire che un abuso sui minori, se provato, è sufficiente per non ricevere ricorsi. Se ci sono le prove, è definitivo.

Perché una persona che fa questo, uomo o donna, è malata: è una malattia... Oggi lui si pente, noi lo perdoniamo, e dopo due anni ricade. Dobbiamo metterci in testa che è una malattia.»

Sulla richiesta di grazia, Francesco ha detto che «io non ho mai firmato una di queste e mai le firmerò. Io non firmo le sentenze.

È accaduto solo una volta. C’erano due sentenze, era l’inizio: un sacerdote della diocesi di Crema. La sentenza del vescovo era buona, prudente, toglieva tutti i ministeri ma non lo stato clericale. Io ero nuovo, non capivo bene queste cose, e davanti alle due ho scelto la più benevola, ma dopo due anni lui è ricaduto: è stata l’unica volta che l’ho fatto, non lo farò mai più.

I mezzi disciplinari che le Chiese particolari hanno adottato si devono applicare a tutti coloro che lavorano nelle istituzioni della Chiesa, senza eccezioni, visto che la responsabilità primordiale dei vescovi, dei sacerdoti e dei religiosi, e di coloro che hanno ricevuto dal Signore la vocazione i offrire le loro vite al servizio include la protezione vigilante di tutti i bambini, giovani e adulti vulnerabili.»