Riporto in sequenza quello che è stato pubblicato su alcune fonti in merito al "compagno" Grasso, ormai dato per perso e catalogato dalla propaganda renziana come nemico di Matteo, solo per essersi ricordato di avere una memoria e, in funzione di questa, aver ricordato al Pd cosa erano solo qualche anno fa e che cosa invece è diventato adesso.


9 novembre, Pietro Grasso sull'Ansa:

«Non so se sono uscito io dal Pd oppure è il Pd che non c'è più. - Risponde così il presidente del Senato Pietro Grasso alla domanda di Luca Sofri, durante il Festival della Letteratura a Pescara, sul perché sia uscito dal Pd. -

Il Pd era quello del bene comune. Quello di Bersani insieme a Sel, quelli erano i principi e i valori che incarnavano il ragazzo di sinistra che aveva avuto per tutta la vita compressa questa sua natura dei valori di uguaglianza dei diritti, di libertà. Compressi prima come magistrato che non può farsi influenzare dalle proprie idee politiche e poi dal ruolo istituzionale di presidente del Senato. Ora vediamo se finalmente alla bellissima età che ho raggiunto posso riuscire a esprimere me stesso


10 novembre, Mario Lavia su Democratica:

«Lettera aperta al Presidente Grasso: uno come lei leader di una Cosetta?

Egregio Presidente,
chi si permette di scrivere questa lettera è uno dei tantissimi italiani che negli ormai lontani anni Novanta, quando Cosa Nostra insanguinava i marciapiedi della sua Palermo e ammazzava gli eroi Falcone e Borsellino, vedeva in lei il degnissimo continuatore della guerra alla mafia; e con emozione la vedeva alla tv circondato dalla imponente, necessaria scorta, sul luogo dell’ultimo attentato, o muoversi in quella enorme sala bunker dove infine si assestò un colpo mortale agli uomini di Totò Riina.

Per questo quando Lei accettò di entrare in politica e in Parlamento con il Pd fu per tanti un’ottima notizia. Un grande combattente darà il suo contributo di conoscenza e di stile personale alla riforma delle giustizia – mi dissi – e in ogni caso al miglioramento della qualità delle istituzioni e della politica.

Lei, caro Presidente Grasso, è una di quelle personalità che hanno reso l’Italia migliore, e in un certo senso la sua figura appartiene a tutti, poiché fa parte di un patrimonio condiviso che è alla base della nostra democrazia. In questo modo, persino al di là della sua vicinanza al Pd, il suo ingresso in politica venne percepito: e la sua elezione a presidente del Senato ne costituì il suggello.

Oggi, a quanto sembra, Lei si accinge ad una scelta che sorprende chi ammira in lei il valore nazionale e generale della sua azione. Una scelta politica, ovviamente del tutto legittima, che rischia di sminuire la sua figura di grande italiano a leader di un piccolo schieramento di gruppi e partiti dai tratti prevedibilmente minoritari e estremistici. Uno scarto, insomma, una deviazione da un percorso sin qui lineare e illuminato.

Diventare il capo di un cartello elettorale di forte minoranza, per di più un cartello dominato da figure assai inclini alla polemica interna ai limiti del cannibalismo politico, una sommatoria di sigle che non tarderanno a litigare fra di loro, una piccola Cosa rossa che proprio nella sua Sicilia ha già mostrato i suoi limiti: mentre i populisti, anche grazie alla spaccatura del centrosinistra favorita da questa aggregazione di cui Lei si accinge a divenire il leader, alzano la testa e “vedono” una possibile vittoria elettorale: ha senso?

Dunque, egregio Presidente, voglia accogliere le preoccupazioni di un suo ammiratore per una sua scelta che rischia di sminuire il suo ruolo e di non fare il bene della sinistra italiana.
Con sincera stima.»

10 novembre, il deputato Mdp Arturo Scotto, su facebook:
«Adesso il nemico numero uno della nouvelle vague renziana è diventato il Presidente Piero Grasso. Perché si è limitato a dire semplicemente che la coalizione con cui ci presentammo alle elezioni nel 2013 metteva al centro il bene comune e che il Pd è uscito da se stesso.

Si chiamava Italia Bene Comune, non a caso. Nel suo programma non c’era l’abolizione dell’Articolo 18, l’introduzione del Preside Manager nelle scuole, le trivelle nel Mare Adriatico, una legge elettorale che prevedesse ancora una volta i nominati. Questo è il punto, non la simpatia o l’antipatia di Matteo Renzi.

E se qualcuno oggi lo ricorda non lo fa per rancore ma perché non si possono prendere i voti delle persone di sinistra per poi attuare il programma dell’avversario.

Grasso si è limitato a dire questo, non mi pare né un atto di lesa maestà né un atto di trasgressione del suo ruolo istituzionale. Si chiamano valutazioni politiche oggettive. Che portano a delle conseguenze. Almeno per le persone libere.»


E adesso qualcuno vuol pretendere di volerci convincere che Matteo Renzi rappresenti la sinistra ed abbia attuato e voglia attuare un programma di sinistra?