• Il ruolo delle convinzioni ed il loro rapporto con comportamenti e capacità.

Le convinzioni si trovano ad un livello diverso – più alto e rilevante – rispetto ai comportamenti o alle capacità. Le convinzioni che le persone hanno non cambiano secondo “le regole” dei comportamenti e delle capacità.

Le convinzioni non riguardano la realtà: ma la soggettiva percezione e l’interpretazione della realtà.

Facciamo qualche esempio. Le prove non modificheranno facilmente le proprie convinzioni (ad es. le prove dell’esistenza o della non esistenza di Dio: esistono letterature in entrambe le direzioni).

Avete mai provato a cambiare, di petto, le convinzioni di qualcun altro, discutendo?

Parlare di politica da fronti contrapposti… è solo una perdita di tempo e magari si mina anche la serenità del rapporto interpersonale.

Perché alcuni non riescono a dimagrire? Chi dimagrisce davvero invece, come vi riesce? Perché ha successo proprio quella volta e le altre che aveva provato no?

Questo fenomeno è stato studiato… le persone che dimagriscono davvero, che tengono duro per mesi dicono di sé e della propria esperienza: “Questa volta ero pronto a cambiare”. Erano convinte.

Innumerevoli sono i casi delle medicine placebo… sono stati fatti accurati studi: non sempre, ma diverse volte queste funzionano benissimo mentre a volte non funzionano addirittura i medicinali veri! Se una persona, per esempio, non è convinta di poter avere meno dolore…

Altro caso tanto interessante quanto assurdo e divertente: “Paul is dead”… ovvero la forsennata ricerca di centinaia e centinaia di prove spesso completamente assurde: perché si vede solo ciò di cui si è convinti. Ovvero che Paul McCartney è morto nel 1966. L’alone misterioso del mito è più forte dell’evidenza della realtà!

Le convinzioni non hanno a che vedere solo con il passato, forse sono ancor più legate al futuro: attivano infatti capacità e comportamenti.

Non sta assolutamente nella corrispondenza con la realtà il nocciolo delle convinzioni: piuttosto esse offrono motivazioni e prospettive in modo che il comportamento effettivo inizi a svilupparsi, mettendo man mano in gioco le capacità che si possiedono.

Una strategia è definibile in questo modo: “come fare per”. Ovvero è un insieme di comportamenti efficaci orientati verso un determinato scopo. È certamente importante, tuttavia… è semplicemente inutile suggerire a qualcuno strategie che non è per niente convinto di poter fare proprie.

  • L’aiuto migliore che possiamo fornire agli altri, per favorire il loro cambiamento, è: ascolto ed autentico “dono di loro stessi”.

Nell’aiutare qualcuno: fare Coaching, formazione, consulenza, insegnamento, leadership… il Know How, le capacità e le strategie (comportamentali) devono sì essere suggerite e messe in atto, ma non sono l’aspetto da cui partire. Queste dovranno giungere “in seconda battuta”: poiché dovranno assolutamente essere in linea con le convinzioni realistiche e positive esistenti nelle persone riguardo a quel dato risultato.

Occorre in altre parole prima accertarsi che le convinzioni vi siano: sono queste, infatti, la condizione essenziale per la riuscita, riguardo qualsiasi finalità. E poi, certo, con le strategie adeguate si avranno i feedback positivi e questi faranno sì che la convinzione positiva si rafforzi nel tempo sempre più: si concretizzi nella storia personale, sviluppando anche nuove capacità.

Se ci pensiamo bene, ci rendiamo conto che una convinzione è una “personale riflessione relativa alla relazione tra varie esperienze fatte”, e spesso essa delinea il significato che diamo alle esperienze stesse.

Le cose che le persone fanno meglio sono quelle per cui provano passione. Questa è forse una forma di “apoteosi della convinzione”: persona ed attività svolta sembrano quasi fondersi in una cosa sola, una cosa che per il soggetto possiede un ricco significato. E così, questa, può davvero essere vissuta come una “missione”.

Il primo passo, dunque, non è fornire strategie. Se qualcuno non è convinto di poter riuscire, potrà facilmente fallire anche se in possesso di strategie adeguate. E la sconfitta andrà oltretutto a rinforzare la spirale di sconforto e sfiducia.  

Il primo passo, prima di aiutare qualcuno a cambiare, è ASCOLTARE. Capire quali convinzioni egli abbia. Ascoltare. Definirle. Capire se ha delle “passioni” in grado di metterlo davvero in moto. Qual è la sua molla, per lanciarsi? Prima di proporre una formazione parto sempre dall’ascolto delle persone che mi trovo di fronte: precisamente per questo motivo.

Non è tanto questione di un grande obiettivo che alletta… no. È solo questione di questo: “E’ una cosa che sono convinto di poter fare bene io, questa? Mi ci vedo davvero? Addirittura mi riflette?”

Il nemico sono le convinzioni limitanti (senso di indegnità, di inadeguatezza, di impotenza, di fallimento, sfiducia, paura, inerzia negativa ed abitudine, ecc…).

L’obiettivo è far giungere pian piano le persone a convinzioni positive di possibilità riguardo se stessi e riguardo le nuove sfide che il contesto – continuamente – ci lancia.

Se una convinzione è una riflessione relativa ad una relazione tra esperienze (e ne delinea il significato), allora dobbiamo fare lavorare nel tempo le persone attraverso esperienze nuove, fare nascere “spontaneamente” in loro nuovi significati. Per esempio, dopo un corso o un incontro occorre creare percorsi per “fare pratica”, tornare a condividere contenuti e modalità, fare compiere astrazioni personali in grado di ricollegare gli elementi del sistema verso una nuova semantica di se stessi e della propria organizzazione mentale.

Possiamo solo aspirare a guidare le persone nel cambiare – loro stessi – le proprie convinzioni limitanti.

Non possiamo pensare di cambiare velocemente e a forza le convinzioni di qualcun altro. E certo ci vorrà molta pazienza e molto tempo per fare da “guida” in questa profonda direzione. Modificare in positivo le percezioni della realtà è sempre una cosa delicata, e, appunto per questo, estremamente affascinate.

Chi cambia molto, dopo un qualsiasi evento formativo, solitamente è in grado di farlo perché era già pronto. Già pronto a cambiare ed il docente o coach ha semplicemente saputo toccare le corde giuste: per caso, per destino o perché ha ascoltato bene la persona e le ha detto le parole giuste.

Un buon formatore ha il compito di dare sano nutrimento a cambiamenti liberi e liberamente scelti: dei quali lui non è e non deve sentirsi protagonista (credo che chi fa questo lavoro debba sempre stare molto attento al proprio ego!)

Attraverso piccole esperienze positive potremo fare comprendere man mano alle persone che intendiamo aiutare come il proprio “limite” fosse in realtà da loro piazzato lì a quel livello solo per abitudine e per passate esperienze mal interpretate. Potremo fare capire loro che non avevano avuto il coraggio di superarlo, quel limite: e solo per questo si trovavano sempre lì. Potremo fornire e suggerire scenari di novità e di creatività ed illustrare che il “limite” è una entità assolutamente soggettiva. Lo si può spostare.

Le necessità della vita ci spingono a superare i nostri limiti. E noi possiamo farlo: eccome!

Tutto questo è anche in linea con l’idea che il più grande regalo che possiamo fare a qualcuno non è dargli la nostra ricchezza (le nostre strategie, i nostri metodi), ma fargli comprendere e vedere quale sia la sua.

                                                                  Francesco Bianchini