L'Unità, in un articolo di Mario Lavia, ci spiega perché il Partito Democratico di Renzi non possa essere considerato e non potrà mai diventare la nuova Democrazia Cristiana. Le ragioni sono tre.

La prima è costituita dal modello organizzativo che stava alla base della DC. I democristiani costituivano un partito controllato da una classe dirigente diffusa. Nessuno ha mai pensato che quel partito dovesse essere guidato da un leader, un capo come avviene con il PD. Il segretario della DC era espressione di un accordo tra la numerose correnti democristiane e la linea del partito era una sintesi delle diverse posizioni.

La seconda ragione è rappresentata dalla diversa cultura politica tra DC e PD. Nei democristiani, come detto prima, c'erano le correnti, ma queste "operavano sempre all'interno di un perimetro culturale ed ideale comune. Che centra tutto ciò con la concreta esperienza del PD? Ovvero di un partito che è  nato plurale con Veltroni ma che è diventato, progressivamente, una semplice di emanazione del leader con una organizzazione di base sostanzialmente svuotata e che si anima quasi esclusivamente per il tesseramento, sempre più diradato, e per le campagne elettorali dei singoli candidati?"

Infine, ad impedire che possano essere definiti speculari il PD di Renzi e la DC è il contesto politico odierno che vede l'elettorato suddiviso in tre diversi blocchi che hanno una consistenza elettorale simile, mentre la DC, seppur non maggioritario, era diventato una sorta di partito unico, votato dai più anche "turandosi il naso" per paura della vittoria dei comunisti.

"Insomma - conclude Mario Lavia - non è possibile, con buona pace dei vari esegeti e di molti commentatori ed opinionisti politici e giornalistici, alcun confronto di merito, di metodo e di approccio concreto alla politica tra la vecchia DC e il PD [di Renzi, ndr]. Sono universi valoriali diversi, con culture politiche alternative, con modelli organizzativi diversi e con classi dirigenti affatto confrontabili. E quindi, meglio chiudere questo dibattito. Spero per sempre."

Mario Lavia, gliene va dato atto, ha fatto un'analisi assolutamente corretta del Partito Democratico di Renzi. L'unica critica che gli si può fare è quella di aver tralasciato, nella sua conclusione, l'aspetto più importante.

È vero che il PD di Renzi non può essere la riproposizione della Democrazia Cristiana, non solo per i motivi elencati, ma anche perché è semplicemente l'evoluzione di Forza Italia... una Forza Italia 2.0, con Renzi che ha sostituito Berlusconi.

L'unica cosa che manca, adesso, è quella di correggere la metrica dell'inno per poter cantare "Meno male che Matteo c'è..."