Ha avuto il primo sì alla Camera il discusso quanto incomprensibile decreto sulle banche venete imposto al Parlamento, più che dal Governo, da Intesa Sanpaolo per il salvataggio di Veneto Banca e Popolare di Vicenza.

La maggioranza che sostiene il Governo lo ha votato obbediente, assecondando il diktat dell'amministratore delegato di Intesa, Carlo Messina, approvandolo con 318 voti favorevoli e 178 contrari: la liquidazione "ordinata" di Veneto Banca e Popolare di Vicenza ha fatto segnare così il primo passo. Il secondo sarà quello del via libera definitivo, con l'approvazione in Senato in seconda lettura.

Hanno votato la fiducia al decreto anche i deputati di Articolo 1-Mdp che, viste le differenze di opinione, non si sa bene come a settembre dovrebbero costituirsi in gruppo unico insieme ai deputati degli altri gruppi a sinistra del PD per dar vita al progetto politico ideato da Pisapia che, per il momento, si chiama Insieme!

Come imposto da Carlo Messina, che aveva minacciato di ritirare la propria offerta nel caso fosse stato modificato, il decreto esce dall'aula di Montecitorio pressoché identico al testo licenziato da Palazzo Chigi il 25 giugno.

L'unica modifica riguarda la sospensione di sei mesi per il rimborso del bond Veneto Banca con scadenza 21 giugno, prevista da un differente provvedimento d'urgenza che non sarà convertito in legge.

La liquidazione delle due banche comporta l'azzeramento di azioni e obbligazioni subordinate emesse dai due istituti in base alla procedura di "burden sharing". Non viene applicato il bail-in, come concoradto con l'Ue, che avrebbe coinvolto anche le obbligazioni senior oltre ai depositi bancari, per la quota superiore a 100.000 euro. Inoltre sono previsti indennizzi ai piccoli risparmiatori titolari di bond.

Con questa operazione, nei confronti della quale Padoan ha mostrato grande entusiasmo e soddisfazione, lo Stato deve pagare oltre 5 miliardi di euro a sostegno di Intesa San Paolo, a cui sono andate le attività in utile delle due banche venete, nonostante non abbia pagato un euro per la loro acquisizione.

In più, grazie al decreto avallato dal ministro dell'Economia, l'operazione banche venete prevede per lo Stato ulteriori impegni per 10,9 miliardi, con il ministero che ipotizza un ritorno, dopo venti anni, di almeno 11,6 miliardi di euro, con un margine positivo per 700 milioni.

In base a quale miracolosa alchimia Padoan abbia potuto fornire tali cifre e in che modo riesca a recuperare da dei crediti deteriorati - che neppure Intesa vuole - così tanti soldi nessuno lo ha ancora compreso e lo stesso ministro si è ben guardato dal farcelo sapere.