"Sembra una cosa da niente, un plurale invece di un singolare: e invece la lingua è uno strumento potente per cambiare la realtà. Dire famiglie, invece di famiglia, significa smettere di lavorare per un concetto astratto, la Famiglia, e cominciare a farlo per quelle concrete, le famiglie, che ne hanno davvero bisogno, in un momento come questo".

Così inizia un post su facebook del 9 luglio scritto da Marco Alessandro Giusta, nuovo assessore alle Pari Opportunità con delega alle Famiglie al comune di Torino. A prima vista si potrebbe liquidare la faccenda come appartenente alla solita retorica politica. Invece non è così. Anzi, quello che è scritto nel post è assolutamente vero.

Il problema, perché secondo alcuni di problema si tratta, è che Marco Giusta è stato presidente di ArciGay e se uno che ha ricoperto tale incarico scrive famiglie, significa che con tale termine intende rivolgersi non solo a quelle eterosessuali, ma anche a quelle omosessuali, in parte riconosciute dalla recente legislazione sulle Unioni Civili.

Apriti cielo. Subito il mondo cattolico di Torino è entrato in fibrillazione per questa deriva interpretativa dovuta all'uso del plurale invece che del singolare. Ed a prenderne le parti è stata la consigliera di minoranza del Partito Democratico, Monica Canalis che ha subito presentato un'interpellanza in proposito in cui, facendo riferimento alla Costituzione, fa presente che non vi è non vi può essere un rapporto tra famiglia eterosessuale e quanto è stato definito nella legge sulle Unioni civili.

Adesso  vediamo che cosa afferma la consigliera Canalis sul proprio sito web:  

"... Torino ha dato e può ancora dare il meglio di sé in ambito sociale. A partire dalla storia ottocentesca della città, che ha saputo creare modelli poi esportati in tutto il mondo, strappando i ragazzi dalle strade, attivando iniziative di alfabetizzazione di massa, stipulando i primi riconoscimenti giuridici della pluralità religiosa.

Torino era all’avanguardia nell’800 su queste cose e può esserlo anche oggi, perché la solidarietà, il lavoro silenzioso per gli altri, l’accoglienza, sono patrimonio intimo dei torinesi, di nuova e vecchia generazione.

Lo raccontano le grandi storie del nostro Terzo Settore e la capacità “di tenuta” del welfare cittadino in questi anni di crisi. Lo testimonia la presenza a Torino di un ecosistema ideale per l’innovazione sociale, fatto di un dinamico e radicato volontariato sociale, di un vivace sistema di cooperazione, di solide reti di imprenditorialità sociale, di competenze tecnologiche diffuse e di Fondazioni bancarie molto attente a questi temi.

La politica può continuare a raccogliere e governare questa eredità per tradurla in politiche. Con uno stile improntato alla serietà e al metodo che contraddistinguono i Torinesi, uniti a un po' di creatività e coraggio."

Ma allora, se Monica Canalis crede veramente in quello che ha scritto, perché perde il suo tempo a disquisire sull'uso del singolare e del plurale?