L'incontro che ha concluso l'edizione 2017 del Meeting dell'Amicizia di Rimini aveva per tema la Siria, con le testimoninanze portate da Joseph Fares, direttore dell’Ospedale Italiano di Damasco, da Lucia Goracci, corrispondente della RAI da Istanbul, dal cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico a Damasco.

Ecco quello che hanno detto, in sintesi, per ricordarci che cosa sia accaduto e che cosa stia ancora accadendo in Siria. Le dichiarazini sono state riprese così come riportate dall'agenzia di stampa della federazione italiana dei settimanali cattolici.


Il conflitto in Siria, in base ai dati forniti da Joseph Fares, ha causato almeno 500mila morti e 1,5 milioni di mutilati. Fares ha riassunto la sua esperienza nella gestione dei tre ospedali cattolici presenti in Siria, due a Damasco e uno ad Aleppo, elencando anche tutto ciò che in quel Paese manca a causa di un conflitto che dura ormai da 6 anni.

«C’è mancanza di centri sanitari ospedalieri a causa della guerra che ha provocato distruzioni, specialmente nelle zone dove i combattimenti sono più forti. C’è mancanza di acqua, di elettricità, di gasolio. C’è una mancanza di risorse umane dovuta a migrazioni, fughe, per evitare il servizio militare. Le difficoltà finanziarie rendono e la mancanza di sicurezza sono ragioni che incoraggiano a lasciare la Siria.

Poi, sul fronte sanitario, c’è una mancanza di attrezzature mediche, di farmaci salvavita, una mancanza quasi totale di manutenzione e riparazione degli apparecchi sanitari e di ristrutturazione efficace delle strutture ospedaliere. Teoricamente, per la sanità non c’è embargo, ma nella pratica c’è.»

Fares ha poi presentato il progetto "Ospedali aperti", un'iniziativa sostenuta da Avsi e promossa dal nunxio apostlico Ma rioZenari, con lo scopo di aiutare i più bisognosi, attualmente la maggioranza della popolazione siriana, offrendo loro la possibilità di accedere gratuitamente ai servizi sanitari che "teoricamente" dovrebbero fornire gli ospedali pubblici, aumentando l’occupazione dei posti letto negli ospedali cattolici, migliorando l’attrezzatura medica, modernizzando il sistema informatico degli ospedali e creando dei centri specialistici per mutilati fisici e psichici causati dalla guerra.



Non meno drammatico l'intervento della corrispondente RAI Lucia Goracci: «In Siria è difficile trovare innocenti, soprattutto 6 anni dopo un conflitto davvero crudele. La popolazione è la vera prima, e chissà ancora per quanto, vittima di questo conflitto dove gli interessi e gli appetiti di tutti si sono sovrapposti e dove gli interessi del popolo siriano adesso non si sa da chi siano rappresentati e non si sa dove si trovino.

La Siria è un Paese che rimane, il governo rimane. Ma a un prezzo davvero pesante: il Paese è diviso. Il governo rimane in quelle che sono le città principali, però è un Paese che deve ricostruire sulle macerie.

11 città sotto assedio (8 dai governativi, 3 dai ribelli), mezzo milione di persone non hanno aiuti da mesi... è la peggiore catastrofe umanitaria dopo il secondo conflitto mondiale, con mezzo milione di morti, 5 milioni di profughi, 6 milioni di sfollati interni e 1 siriano su 2 che non è più a casa sua.»


E sulle conseguenze della guerra in Siria ha parlato anche il nunzio apostolico Zenari, definendola «una vera e propria strage di innocenti.

Le ferite e le distruzioni che a prima vista non si vedono, sono più gravi e più profonde di quelle che si vedono: come quelle inferte negli animi della gente e nel tessuto sociale. Quartieri e villaggi distrutti attendono di essere ricostruiti, ma chi può ricostruire la persona umana ferita nel corpo e nello spirito?

I bambini estratti feriti o morti da sotto le macerie, dilaniati da esplosioni, asfissiati da gas tossici, annegati in mare, trapassati da schegge, mutilati, traumatizzati, abusati sessualmente, arruolati...

Quella odierna è una Siria stremata da ogni sorta di armi, da quelle medievali della fame e della sete a quelle chimiche con succursali dell’inferno ad Aleppo, Homs, Darayya, Darah, Yarmouk…

E poi ci sono demoni scatenati che commettono ogni sorta di crimine in assoluta impunità. A motivo di questa deplorevole mancanza di volontà da parte delle più alte istanze internazionali di chiamare questi diavoli per nome e cognome e portarli in tribunale a rendere conto delle atrocità commesse, Carla Del Ponte ha rassegnato le dimissioni dalla Commissione d’inchiesta Onu sulla Siria, dicendo: "crimini orribili come quelli commessi in Siria non li ho visti né in Ruanda né in ex Jugoslavia".

Ma la Siria è anche luogo di misericordia e di compassione. Qui è in atto una delle più vaste operazioni umanitarie attualmente in corso nel mondo, con credenti di ogni confessione e persone mosse da umana compassione che lavorano insieme sullo stesso terreno.»


È possibile, dopo aver letto queste testimonianze, che in Italia non sia possibile far capire neppure l'esistenza dello status di rifugiato tra i migranti? Ed è possibile non riuscire a far capire che in molti casi questi rifugiati sono anche la conseguenza della soddisfazione di molti nostri politici per le esportazioni estere dell'Italia che "sostengono" la nostra bilancia dei pagamenti? Una parte di quelle esportazioni sono dovute ad armi che vanno a paesi "ufficialmente" amici, ma che poi non guardano tanto per il sottile nel farle pervenire a gruppi militanti che vengono scelti per supportare decisioni politiche ed alleanze che, di volta in volta, vengono considerate utili e convenienti al regime di turno.

Ma se ci dimentichiamo di questo o se questo lo consideriamo come fatto normale e dovuto, poi non ci dobbiamo scandalizzare se le vittime di quei conflitti le ritroviamo in Italia, e non solo, a chiedere aiuto.