Sono passati ormai 38 anni dalla tragica morte di Giuseppe Impastato avvenuta a Cinisi, in provincia di Palermo, nel 1978.
E' stato un giornalista, un attivista e un poeta italiano noto a noi tutti per le sue denunce contro le attività mafiose di cosa nostra, e proprio per le sue opinioni Peppino ha trovato la morte in un attentato il 9 maggio 1978.
Peppino Impastato nacque a Cinisi il 5 gennaio 1948 in una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino, misura di prevenzione prevista dall'ordinamento giuridico italiano, durante il periodo fascista; lo zio e altri parenti erano mafiosi ed il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, poi ucciso nel 1963 durante un agguato, la sua auto fu imbottita di tritolo.
Impastato non ci sta a vivere in una realtà mafiosa dove tutti si devono inchinare e non possono parlare di quello che realmente succede, così rompe i rapporti con il padre e avvia un'attività politico-culturale antimafia. Nel 1965 fonda il giornalino “L'idea socialista” e aderisce al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria). Inoltre conduce le lotte dei contadini che sono stati espropriati dai loro terreni per la costruzione di una terza pista dell'aeroporto di Palermo nel territorio di Cinisi.
Nel 1976 fonda Radio Aut, una radio libera e autofinanziata, di cui si serve per denunciare i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, altro comune in provincia di Palermo. In primo luogo denuncia il capomafia Gaetano Badalamenti (soprannominato da Peppino “Tano Seduto”) perché aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga attraverso l'aeroporto di Palermo. Il programma più seguito della radio era “onda pazza”, una trasmissione di natura satirica in cui sbeffeggiava sia i mafiosi sia i politici fornendo nomi e cognomi.
 
“Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla radio, negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare, aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui poco onorato, si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un ideale ti porterà dolore.” Dalla canzone “I cento passi” dei Modena City Ramblers, gruppo musicale italiano di tipo folk-rock. Molto famosi infatti erano i soli cento passi che separavano la sua casa da quella del capomafia Gaetano Badalamenti.
 
Nel 1978 decide di candidarsi alle elezioni comunali nella lista di Democrazia Proletaria, purtroppo non riesce a sapere l'esito delle votazioni perché tra la notte dell'otto e nove maggio viene assassinato. Aveva ricevuto vari avvertimenti durante la sua campagna elettorale dove gli intimavano di ritirarsi per avere salva la vita, ma lui aveva sempre ignorato i messaggi. Pensino il padre, Luigi Impastato, fu ucciso di ritorno da un viaggio negli USA, un viaggio che aveva il solo scopo di chiedere protezione per il figlio. Morto a soli 30 anni dilaniato da un esplosione; morto proprio quando l'Italia era sotto choc per il ritrovamento a Roma del cadavere di Aldo Moro. Le indagini presero una piega diversa dalla realtà, gli inquirenti ipotizzarono subito che si fosse suicidato oppure che fosse morto saltando in aria mentre preparava un attentato dinamitardo. Tutto un depistaggio da parte della mafia.
Pochi giorni dopo gli elettori di Cinisi votarono il suo nome, riuscendo ad eleggerlo simbolicamente nel Consiglio Comunale.
La matrice mafiosa di questo orribile delitto viene individuata grazie all'attività del fratello di Peppino, Giovanni, e della madre Felicia Bartolotta che decidono di rompere pubblicamente la parentela mafiosa formando un centro, a Palermo nel 1977, contro la mafia che porta il nome di “Centro Impastato”,
Dopo anni di processi il 5 marzo 2001 la Corte d'Assise ha riconosciuto Vito Palazzolo, considerato il cassiere di Cosa Nostra e il mandante dell'uccisione d'Impastato, colpevole e lo ha condannato a trent'anni di reclusione. L'11 aprile 2001, invece, Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo. Gli esecutori materiali di questo omicidio non sono mai stati condannati.
Un aspetto non molto noto dell'attività giornalistica di Peppino è stata la sua inchiesta sulla strage di Alcamo Marina, in provincia di Trapani, in cui sono stati uccisi due carabinieri. Di questa morte furono accusati cinque giovani che, si scoprirà poi, furono torturati per estorcere loro false confessioni di colpevolezza. La strage era con molta probabilità legata alla mafia collusa con gli stessi carabinieri. Non si sa bene che cosa l'attivista di Democrazia Proletaria avesse scoperto sulla strage, poiché la cartella con i documenti su Alcamo Marina fu sequestrata dai carabinieri nella casa della madre Felicia, subito dopo la morte di Peppino, e non fu più restituita a differenza di altri documenti requisiti in casa (come riferito dal fratello Giovanni).
 
Una triste storia di mafia finita, come sempre, con la morte di un innocente. La morte di Peppino Impastato non è servita alla mafia, come pensano loro, per togliere di mezzo un personaggio scomodo per i loro affari; ma ha dato la forza a tutte quelle persone che lottano contro la mafia per combatterla ancora e ancora. Quindi ricordiamo Peppino Impastato per la sua forza, il suo coraggio e la sua voglia di non sottostare alle leggi della mafia ma solo a quelle della giustizia e dell'onestà. Grazie Peppino per tutto quello che hai fatto.