Il 2 agosto, lo Stato Maggiore della Difesa annunciava che la nave Comandante Borsini, già impiegata nell’ambito del dispositivo dell’operazione "Mare Sicuro", era da poco entrata nelle acque territoriali libiche, dopo aver ricevuto le necessarie autorizzazioni, facendo rotta verso il porto della città di Tripoli con il compito "di condurre, congiuntamente con i rappresentanti della Marina e della Guardia Costiera libiche, le necessarie attività di ricognizione e di definire le ultime modalità di dettaglio per quanto attiene alle misure di coordinamento delle successive attività di supporto e di sostegno, che avverranno su richiesta della controparte."

Il governo italiano, a partire dal presidente del Consiglio fino ai ministri coinvolti nella missione italiana di pattugliamento nelle acque territoriali libiche, dal punto di vista della comunicazione è stato piuttosto vago, se non addirittura reticente, in merito ai compiti assegnati alle nostre navi nell'ambito della missione.

Qualcosa di più ne possiampo sapere tramite Amnesty International, che afferma che "secondo il piano del governo, fino a sei navi potrebbero essere impiegate per collaborare con la Guardia costiera libica nell’intercettamento e nel ritorno di migranti e rifugiati in Libia... Il personale militare italiano potrebbe essere autorizzato a usare la forza nei confronti di scafisti e trafficanti..."

Il risultato di tutto ciò, oltre a mettere a rischio la vita dei migranti in mare che ipocritamente la missione italiana dice di tutelare evitando una tratta di esseri umani, sarà quello che le persone che verranno respinte in acqua torneranno di nuovo a terra in un paese instabile, esposte a nuovi crimini e violenze, senza alcuna tutela. E il loro numero si aggiungerà a quelle che continueranno ad arrivare dalle zone interne dell'Africa.

Che cosa accadrà a costoro, la missione italiana non sembra occuparsene. Eppure non è un argomento così secondario.

Nel frattempo, continuano le prese di distanza dal supporto della missione da parte dei rappresentanti dello stesso governo libico, guidato ad Al-Sarraj, che tale missione ha autorizzato. L'ultima è quella di Fathi Majburi, uno dei numerosi vice premier del governo, che ha parlato apertamente di violazione della sovranità libica da parte dell’Italia, intimando al nostro paese di porre fine immediatamente alla violazione della sovranità libica, oltre ad appellarsi alla comunità internazionale e al Consiglio di Sicurezza dell’Onu affinché prendano una posizione contro la missione navale italiana.

Il governo italiano ha liquidato la questione come un problema di dialettica interna al governo libico, affermando che la missione nelle acque libiche continuerà.