Qualche giorno fa il New York Times ha pubblicato un'inchiesta sul "falcoltoso" Li Yonghong, nuovo proprietario dell'Ac Milan acquistato grazie ad una fidejussione ottenuta da un fondo di investimento anglo-americano, Elliot, dando in pegno tutte le quote azionarie della squadra.

Dopo aver compiuto un'operazione che, visti i tassi di interesse applicati, è costosissima, se non  difficilmente ripagabile il "facoltoso" imprenditore cinese si è fatto prestare, sempre dallo stesso fondo di investimento anche i soldi per acquistare i giocatori per rifondare la squadra, anche se i risultati non sono stati finora così eclatanti.

Acquisti, tra l'altro, effettuati tramite anticipi ed emissioni di pagherò che hanno costretto un club già pieno di debiti, ad impegnarsi finanziariamente per oltre 200 milioni nei prossimi 12/24 mesi. Senza poi contare i costi dei lauti stipendi con cui tali giocatori verranno remunerati.

Chiedersi quindi se quanto messo in piedi dall'attuale proprietà milanista possa essere sostenibile non è del tutto fuori luogo, partendo dal sapere chi sia l'attuale proprietà della squadra. Una domanda che si fecero alcuni giornalisti della Reuters al tempo in cui l'acquisto doveva essere concluso e il "closing" sempre rimandato, e a cui cercarono di rispondere andando in Cina, ma trovandosi però di fronte ad uffici deserti e soci del tutto inconsapevoli!

Qualche tempo dopo, l'acquisto venne perfezionato tramite Elliot che, a quanto pare, sembra l'unico soggetto solvibile legato al Milan.

Infatti, una recente inchiesta del New York Times, ha verificato che Li Yonghong, "facoltoso" proprietario di miniere in Cina, di miniere, almeno ufficialmente, non ne possieda alcuna e che i suoi uffici siano deserti.

In risposta alle perplessità espresse dal quotidiano americano, il Milan ha replicato che la situazione patrimoniale Li Yonghong è stata verificata al momento dell'acquisto. Da ricordare che parte del denaro finito nelle cassa di Fininvest in relazione a questa operazione proviene da Paesi riconosciuti come paradisi fiscali.

Oltre ai dubbi sulla proprietà, c'è però da aggiungere la quasi certezza che i veritici europei del calcio abbiano cambiato idea sul piano industriale presentato da Fassone che, in tempi recenti, l'ad del Milan spacciava come approvato, certificato ed applaudito, in base a quanto riporta Calcio e Finanza, riprendendo un'anticipazione del quotidiano spagnolo Marca: "L’Uefa dovrebbe prendere la sua decisione entro metà dicembre. Nel caso in cui, come sostenuto da Marca  il Club Financial Control Body dovesse bocciare il piano presentato dai rossoneri si profilerebbero due scenari alternativi:

il primo scenario è che l’Uefa decida di non prendere subito una decisione sulla proposta di settlement agreement, sospendendo il giudizio per procedere a un controllo più approfondito di alcuni parametri.

La seconda ipotesi è che Nyon possa non ritenere sostenibile il piano di rientro del Milan e rimandare il club a gennaio-febbraio 2018 per la firma di un “settlement agreement”, con un piano di rientro maggiormente vincolante, con sanzioni economiche e limiti alla rosa, come imposto negli anni scorsi a Inter e Roma."

La vicenda Milan, considerati i molti dubbi che circondano l'acquisto, la proprietà e la reale solidità finanziaria del club, sarà sicuramente un tormentone che ci accompagnerà nei prossimi mesi.