Questa mattina, il Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni e l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia John Phillips hanno aperto il dibattito "After Brexit: finding a new Transatlantic Balance" organizzato dal Centro Studi Americani a Roma.

L’incontro, come è facile intuire dal titolo, era stato organizzato per discutere del nuovo equilibrio transatlantico dopo il voto inglese che ha portato il Regno Unito fuori dall’Unione Europea.

Durante il suo intervento, l’ambasciatore John Phillips ha ritenuto opportuno sponsorizzare il Sì per il prossimo voto che vedrà gli italiani chiamati a scegliere, tramite referendum, se  accettare o meno la riforma costituzionale così come è stata licenziata dal Parlamento sulla base del ddl Boschi.

Secondo Phillips, «quello che serve all’Italia è la stabilità e le riforme assicurano stabilità, per questo il referendum apre una speranza. Molti CEO di grandi imprese Usa guardano con grande interesse al referendum. La vittoria del Sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il No sarebbe un passo indietro

Quindi, secondo l'ambasciatore USA, gli italiani dovranno votare per accettare la nuova  Costituzione non perché sia buona o giusta, ma perché - a suo giudizio - garantirebbe stabilità politica.

E non solo questo è il suo parere, ma addirittura sarebbe anche il parere di molti amministratori delegati di grandi imprese americane che in base all'esito del voto (che ovviamente dovrà vedere la vittoria del Sì), è sottinteso ma apparre evidente, decideranno o meno di investire in Italia. A chi legge, il compito di interpretare se queste parole, oltre che come endorsement, vadano intese anche come ricatto.

Inutile aggiungere che chi è a favore del No abbia accolto con una certa contrarietà questo appoggio degli Usa, chissà se richiesto o meno dallo stesso Matteo Renzi.

E che questa richiesta sia avvenuta oppure no, l'interpretazione che se ne può dare non è certo di forza da parte dello schieramento del Sì. Infatti, che gli americani possano avere dei giudizi su quanto avviene in un paese è più che normale. Chi non lo ricordasse, può andare a spulciarsi le indiscrezioni pubblicate da Wikileaks.

Però, rilasciare tali dichiarazioni in pubblico ed in maniera così esplicita, a meno che l’Ambasciatore John Phillips non sia un completo sprovveduto (e considerando le modalità con cui gli ambasciatori USA sono spesso scelti non è da escludere a priori), è evidente che si ritiene indispensabile far presente come gli USA la pensino in proposito, sperando che ciò possa essere d'aiuto al Sì. Anche qui il giudizio è opinabile.

Invece, è meno opinabile che l'intervento sia stato in ogni caso poco opportuno e, in fin dei conti, poco previdente, perché in pochi possono sentirsi orgogliosi del fatto che gli Stati Uniti, anche se è già avvenuto in passato e continuerà ad avvenire in futuro, possano condizionare così apertamente la politica di uno Stato, almeno ufficialmente, sovrano.

Infine, da registrare il curioso silenzio di Maria Elena Boschi, l'ideatrice della nuova Costituzione, che in occasione della presa di posizione ufficiale dell'A.N.P.I. in merito al referendum si era espressa con stupore e giudizi taglienti perché un associazione non poteva permettersi di influenzare il giudizio dei propri iscritti. Questa volta, invece, la Boschi non ha espresso alcuna indignazione.

Forse perché gli americani non voteranno o perché, in questo caso, chi si è espresso lo ha fatto per il Sì?