Mercoledì, la Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge relativa all'introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano, dopo due passaggi in entrambe le Camere.

Nonostante le migliaia di leggi inutili e ripetitive che "insabbiano" il nostro sistema giudiziario, in Italia, fino a ieri, non esisteva un reato che definiva e puniva i reati di tortura.

Da oggi invece esiste, ma per come la legge è stata approvata, il testo non corrisponde ai principi di chi lo ha redatto, tanto che Luigi Manconi - il principale tra gli estensori - si è rifiutato di votarlo. Un esempio? Un tribunale europeo ha stabilito che i fatti accaduti alla Diaz vadano definiti come reato di tortura.

Nonostante anche l'Italia, adesso, abbia una legge contro la tortura, chi a Genova è stato responsabile di vessazoni di ogni tipo anche contro persone detenute e in stato di fermo quasi sicuramente non potrebbe essere accusato di aver commesso il reato di tortura.

E che cavolo di legge è allora? Una legge all'italiana. Esiste, ma è sostanzialmente inapplicabile, poiché la tortura viene riconosciuta solo se un determinato comportamento viene reiterato da parte di una stessa persona.

«Non è una buona legge, ha commentato il presidente di Amnesty International Italia Antonio Marchesi subito dopo l’approvazione definitiva avvenuta alla Camera dei deputati il 5 luglio del testo della legge C. 2168-B. È carente sotto il profilo della prescrizione. Inoltre, la definizione della fattispecie [di reato] è confusa e restrittiva, scritta con la preoccupazione di escludere anziché di includere in sé tutte le forme della tortura contemporanea.»

Ma siamo in Italia e, pertanto, bisogna far buon viso a cattiva sorte, tanto che lo stesso Marchesi aggiunge che questa legge sulla tortura «permette tuttavia di compiere un passo avanti, anche se incompleto, verso l’attuazione dell’obbligo di punire la tortura imposto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984. Nella misura in cui pone fine alla rimozione della tortura, alla sua indicibilità, la legge permette di superare quella situazione di grave inadempimento per cui i giudici italiani erano costretti a mascherare una delle più gravi violazioni dei diritti umani da reato banale, a volte da mero abuso d’ufficio, con la conseguenza di punirla in modo lieve o di non punirla affatto per effetto della prescrizione.

Se la definizione accolta non può soddisfare, l’ipotesi di rinviare per l’ennesima volta, nella vaga speranza che un nuovo parlamento sapesse fare ciò che nessuno dei cinque precedenti aveva fatto, sarebbe servita solo a chi – e sono ancora in molti – il reato di tortura non lo ha mai voluto, senza se e senza ma e in qualsiasi modo definito, considerandolo contrario agli interessi delle forze di polizia.»

Insomma, meglio di niente, prendiamo almeno questa legge.