Ogni volta che il Presidente del Consiglio interviene in pubblico, assistiamo a durissime proteste di cittadini che gli chiedono conto delle sue malefatte.

Comincia così uno dei post odierni di Luigi Di Maio. In fondo, niente di nuovo sotto il sole, il solito ripasso delle peripezie renziane passate e recenti, cui molti italiani sembrano addirittura avere fatto il callo e trovano pure giuste. Ma anche questa è una vecchia storia. Ormai lo sanno pure i gatti che a forza di ripetere costantemente una bugia, questa finisce per essere creduta.

Ma allora, perché questo post di Luigi Di Maio ha fatto tanto rumore? Per due motivi. Il primo perché Renzi è stato paragonato a Pinochet. Il secondo, perché Pinochet è stato trasferito armi e bagagli dal Cile al Venezuela!

«Il referendum di ottobre, novembre o dicembre (ci faccia sapere la data, quando gli farà comodo) lui stesso lo sta facendo diventare un voto sul suo personaggio che ha occupato con arroganza la cosa pubblica, come ai tempi di Pinochet in Venezuela. E sappiamo come è finita.»

Dopo alcuni tweet ed un editoriale de l'Unità, Di Maio ha successivamente corretto lo strafalcione storico-geografico riportando Pinochet al suo posto.

Ma in fondo, Di Maio non era nato l'11 settembre 1973 quando Pinochet rovesciò il governo di Salvador Allende e quando nel 1988 i cileni ne decretarono la fine politica, tramite un referendum (curiosa analogia, che sia di auspicio?), aveva solo due anni.

Altrimenti, se non fosse stato così giovane, Di Maio non avrebbe neppure scritto, e forse questo lo possiamo indicare come il terzo errore, che Pinochet ha occupato la cosa pubblica con arroganza... un eufemismo che più che definire elegante o gentile sarebbe meglio identificare come surreale, visto che è stato utilizzato per descrivere un colpo di Stato!

E così, due dichiarazioni buttate là per ricordarci che cosa sia in realtà Renzi diventano occasione per articoli degni di essere pubblicati non tanto sull'ultimo dei blog, ma sulle prime pagine dei siti d'informazione più importanti, con il resoconto delle repliche e delle repliche alla repliche.

Non certo un bello spettacolo, né per l'informazione, né per la politica. Ma questo è, oggi, il nostro paese.