Questa mattina, alle ore 11 presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, è stato presentato del Presidente dell'Istat Giorgio Alleva il Rapporto annuale Istat 2016 sulla situazione del Paese. Il rapoprto, ovviamente, è relativo all'anno 2015.
All'evento, che è stato introdotto dal vice Presidente della Camera Simone Baldelli,  era presente il Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Come è facile immaginare, il rapporto non poteva che essere, per molti aspetti, una specie di cahiers de doléances, considerando l'attuale condizione del paese, nonostante l'ottimismo ed il buon umore del Governo e, in particolare, del presidente del Consiglio. Di seguito,  vengono riportati alcuni passaggi del rapporto Istat, mentre l'intera  illustrazione è disponibile nel video sottostante.

In Italia le famiglie che non hanno  reddito da lavoro sono 2,2 milioni. Nel 2004 la loro percentuale era pari al 9,4%, mentre nel 2015, il loro numero era pari al 14,2% con una punta nel Sud del paese del 24,5%, dove una famiglia su quattro risulta senza lavoro.

Il 2015 è l'anno in cui è stato introdotto il Jobs Acts e, grazie soprattutto ai forti sgravi contributivi concessi nel primo anno, il contratto di lavoro a tempo indeterminato è stato quello che le aziende hanno preferito: sono state quasi due terzi delle aziende manifatturiere e del terziario che vi hanno fatto ricorso. Nel 2015, però, il numero di occupati era inferiore di 1,3 milioni di unità rispetto al 2008.

A questa situazione è corrisposto un miglioramento del sistema di protezione sociale? La risposta è no. Rispetto a quanto accade negli altri paesi europei, il sistema di protezione sociale italiano è tra quelli meno efficaci, superiore per efficienza solo a quello greco. Secondo l'Istat il motivo è dovuto alla spesa pensionistica che comprime il resto dei trasferimenti sociali. In Europa, le persone a rischio povertà sono quantificabili in una percentuale intorno al 9%, mentre in Italia tale percentuale è del 19,4%.

E questo spiega anche la disuguaglianza nella distribuzione del reddito presente in Italia, che  è aumentata da un valore dello 0,40 ad un valore 0,51 (indice di Gini sui redditi individuali lordi da lavoro) tra il 1990 e il 2010, registrando l’incremento più alto tra i paesi in cui viene effettuato questo tipo di rilevazione.

Le prospettive di crescita del paese per il primo semestre 2016 indicano un andamento dei prezzi molto debole, mentre incerte sono le prospettive relative al mercato del lavoro.
Sebbene si sia registrato un miglioramento in relazione alla domanda interna, è altresì aumentata anche l'importazione di beni finiti,  acquistabili direttamente dal consumatore. Ciò significa che in Italia è diminuita, rispetto al passato, la capacità produttiva (intesa come numero di aziende) di beni da destinare al mercato dell'utilizzatore finale.

In base ad una proiezione statistica sui dati correnti, l'Istat prevede un miglioramento piuttosto modesto del grado di utilizzo dell’offerta di lavoro anche nei prossimi anni, tanto che se non interverranno politiche di sostegno alla domanda di beni e servizi con un conseguente aumento della base produttiva, nel 2025 il tasso di occupazione potrebbe esser prossimo a quello del 2010.