Il primo turno delle elezioni francesi si è concluso. Il primo dato significativo sottolineato da tutti i commentatori, con molta sorpresa, non è il rilutato in sé, ma il fatto che i sondaggisti stavolta abbiano azzeccato le previsioni: Macron vincente e Le Pen a seguire a non molta distanza.
Un quasi miracolo viste le precedenti esperienze in Europa e non solo.

L'altro aspetto importante è ovviamente legato ai vincitori. Per la prima volta gollisti e socialisti non sono arrivati a contendersi la carica di presidente della Repubblica. È la prima volta che accade dall'ultima revisione costituzionale.

Per avere una visione chiara di quanto è successo è sufficiente vedere la rappresentazione del maggior numero di voti espressi nei vari dipartimenti francesi. Nel 2012 questa era rappresentata da una spaccatura quasi a metà tra repubblcani e socialisti. Nel 2017, la stessa divisione, comunque non esattamente identica, vede i gollisti superati dal Fronte Nazionale della Le Pen ed i socialisti dal movimento In Marcia di Macron.

Interpretazione: anche il Francia gli elettori hanno dato la loro preferenza a partiti che, al di là che sia vero o no, si sono presentati come antisistema. Ne hanno fatto le spese i socialisti i cui voti sono confluiti vero Macron ed, in parte, i gollisti. Il partito di Fillon, infatti, non ha subito un vero e prorpio tracollo come accaduto per Hamon, e la sua mancanza al ballottagio è dovuta soprattutto agli scandali della famiglia Fillon. Con un candidato diverso, probabilmente, il risultato sarebbe stato diverso.

La sinistra, come ha affermato qualcuno, è morta? A dire la verità Melenchon da ottenuto un quasi 20% di consensi ottenti soprattutto nell'ultimo mese. Se la campagna fosse durata un paio di settimane in più non è da escludere che sarebbe stato lui uno dei due ad approdare al ballottaggio del secondo turno. Il suo tentativo è stato quello di rappresentare più che una sinistra classica, una riproposizione di Podemos in salsa francese. In ogni caso, ritornando alla domanda di inizio paragrafo, la sinistra di Melenchon e le macerie dei socialisti, insieme, rapresentano circa 9 milioni di elettori. Un po' troppi per un funerale.

I nazionalisti, populisti o, addirittura, fascisti del Fronte Nazionale, seppure in calo in relazione alle Europee sono risultati strabordanti: un successone quello ottenuto dalla Le Pen con oltre 7,5 milioni i voti rispetto alle presidenziali del 2012.

Adesso, da capire che cosa accadrà. Nel passato Chirac, al secondo turno, fu votato in massa dai socialisti francesi purché Le Pen padre - molto più a destra della figlia - non diventasse presidente della Francia. Tra due settimane accadrà la stessa cosa? Socialisti e gollisti hanno già fatto il loro endorsement per Macron, ma questo non significa che una fetta degli scontenti, e non sono certo pochi, non scelga comunque la Le Pen.

Infatti, durante la campagna per il voto finale è certo che a Macron verrà ricordato di esser stato il ministro dell'Economia dell'odiato Hollande ed in passato di aver lavorato per la banca Rotschild. Non certo un cursus honorum da sbandierare in faccia a chi, anche in Francia, ha scelto di votare csorattutto contro il sistema e contro chi finora lo ha rappresentato. Pertanto il risultato finale, nonostante le dichiarazioni di appoggio a Macron da parte di Fillon e Hamon, non è affatto scontato.

Ultima considerazione, il Parlamento. A giugno si rinnova l'Assemblea Nazionale e Macron non ha un partito radicato in grado di ottenere una rappresentanza forte che lo appoggi in Parlamento. Il suo attuale successo nelle urne è un successo personale. Difficile che in poche settimane riesca a creare una rete di tanti suoi cloni in grado di convincere i francesi ad abbandonare i loro precedenti rappresentanti. Quindi, per governare, una volta divenuto presidente, dovrà comunque affidarsi ad un sistema di alleanze. Probabilmente, la stessa cosa potrebbe essere per la Le Pen, anche se il radicamento del suo Fronte Nazionale è sicuramente maggiore. Anche questi aspetti potranno influire sull'esito del voto del 7 maggio.