Stefano Rodotà è morto venerdì 23 giugno, all'età di 84 anni. Cosentino di nascita, romano di adozione, Stefano Rodotà è stato uno dei protagonisti, direttamente e indirettamente - sia come giurista che come politico - delle istituzioni italiane degli ultimi 50 anni.

La sua esperienza politica inizia con il Partito Radicale di Mario Pannunzio, prosegue - da indipendente - nelle fila del Partito Comunista con cui inizia la sua esperienza parlamentare, continuando poi in quelle del PDS, dopo la svolta della Bolognina.

Dal 1997 al 2005 è stato il primo Garante della Privacy, e dal 1998 al 2002 ha presieduto il gruppo di coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell'Unione europea.

Di recente aveva coordinato il lavoro della Commissione per i diritti e i doveri in Internet istituita a Montecitorio nell'attuale legislatura.

Nel 2013 era stato indicato dal Movimento 5 Stelle come candidato alla carica di presidente della Repubblica

Rodotà, nei suoi interventi pubblici, aveva sempre supportato il proprio punto di vista e le proprie tesi utilizzando non tanto la logica del diritto, quanto il diritto nella sua logica applicazione.

Per tale motivo, era diventato il bersaglio del dileggio della propaganda beota dei politici della destra e della supposta sinistra che, non potendosi contrapporre all'evidente razionalità dei suoi argomenti, cercavano di screditarlo ricorrendo alla dialettica da trivio o ad appellativi tranchant che non ammettevano replica.

Poiché Rodotà era tra coloro che avevano criticato in modo estremamente negativo la riforma costituzionale a firma Maria Elena Boschi, voluta da Matteo Renzi, era stato classificato per tale motivo tra i professoroni del No, i bastian contrari che si oppongono al cambiamento, al modernismo di futuristica (e venteniale) memoria, voluto dai giovani profeti del cambiamento pur che sia, alla come viene viene... per non usare altre espressioni sicuramente meno eleganti.

E che per questi giovani politici, teorici dell'arrivismo e servi fedeli del potere, Stefano Rodotà sia stato una figura ingombrante lo dimostra il fatto che non si sono neppure degnati di ricordarlo.

Maria Elena Boschi, questa sera era in "terrazza" ed ha trovato giusto il tempo di ricordarcelo in un post. E che dire del segretario del Partito di se stesso, Matteo Renzi, sempre prontissimo a complimentarsi in tempo reale per la vittoria del ciclista, per quella del tennista, per quella dell'automobilista... e stasera invece si è completamente dimenticato di ricordare la scomparsa di una persona per la quale lo stesso presidente della Repubblica Mattarella ha immediatamente espresso il proprio cordoglio, come decine di altri politici... di sinistra!

Ma forse è meglio così, perché significa che anche da morto Rodotà è riuscito a dimostrare la pochezza umana, intellettuale e istituzinale di questi ragazzotti rampanti che i professionisti del leccaculismo pretendono pure di definire statisti.